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I dati 2018-19 di Sektkellerei Schloss Wachenheim (SSW da ora in avanti) mostrano quanto stiano diventando complicati i mercati dell’Europa continentale. Il produttore di vini spumanti tedesco ha chiuso un anno con un piccolo progresso delle vendite (+4%) ma un calo dei margini principalmente legato al mercato francese, dove non escluderei che possa sentire la […] More






Ricevo e pubblico questo contributo di Emanuel Paglicci.
a cura di Emanuel Paglicci, CEO di Wine Profit
Negli ultimi decenni, il vino pregiato è diventato un asset sempre più popolare tra gli investitori più esperti e i non, soprattutto per chi desidera diversificare il proprio portafoglio. Un trend in continua crescita, testimoniato dal Knight Frank Luxury Investment Index, secondo il quale l’andamento del mercato del vino pregiato ha registrato un’impennata del +137% negli ultimi 10 anni. A confermarlo è anche l’indice Liv-ex 100 che misura proprio l’andamento dei vini pregiati in Europa e che ha riportato nel 2022 un +7,1%.
Come entrare, quindi, nel mondo degli investimenti di vino? Investire nel vino significa, prima di tutto, diventare un collezionista di bottiglie di pregio. Non bisogna però essere in prima persona degli esperti per saperle riconoscere: abili sommelier degustano ogni anno i vini non appena questi vengono rilasciati sul mercato e, in alcuni casi, l’assaggio viene fatto ancora prima che il vino sia imbottigliato e commercializzato, come nel caso della campagna En Primeur di Bordeaux. Solo circa l’1% della produzione vinicola globale supera l’accurata selezione e diventa a tutti gli effetti un vino di pregio, su cui è quindi possibile l’investimento.
L’autenticità e la corretta conservazione di una bottiglia sono il punto di partenza essenziale quando si acquista una collezione che si intende monetizzare in seguito. Nel valutare la qualità di un vino, inoltre, vengono tenute in considerazione le sue caratteristiche gustative, che contribuiscono all’assegnazione di un punteggio in una scala da 0 a 100: per essere considerato da investimento, il vino deve totalizzare almeno 90 punti. Il principale fattore che concorre nella definizione di vino da investimento, però, è la sua domanda sul mercato, che dev’essere superiore alla sua produzione. In questo modo, le bottiglie iniziano ad essere particolarmente richieste e ciò consente di avere buone possibilità di liquidazione sia in termini di prezzo che di tempistica.
L’andamento climatico è infine un fattore determinante per la produzione e la qualità del vino: nei prossimi anni, il Climate change e la siccità andranno a influire notevolmente sulla scarsità dei raccolti, determinando variazioni significative di carattere sensoriale e organolettico. Nel 2022, ad esempio, la produzione dei vini en-primeur di Bordeaux è stata solo del 30% rispetto all’annata precedente: questo significa che la quantità delle bottiglie prodotte sarà minore e i prezzi di partenza più alti. Tra 7-9 anni quando i vini saranno pronti per essere venduti – 2 anni per l’imbottigliamento e 5-7 anni come durata dell’investimento – la disponibilità di bottiglie sarà ancora più bassa e i prezzi aumenteranno sempre di più.
Quali sono, quindi i numeri del vino? Per prima cosa, il vino da investimento ha sempre ottenuto una crescita media annuale del 10%, percentuale che può variare a seconda del budget investito e delle bottiglie di pregio che si riesce ad inserire all’interno del proprio portafoglio. È inoltre un bene tangibile, senza nessuna correlazione con gli altri mercati globali ed è esente dalla tassa sulla plusvalenza. Il vino da investimento ha la possibilità di essere liquidato in qualsiasi momento ma è bene sottolineare che, qualora le condizioni di mercato non dovessero essere favorevoli, si potrebbe incorrere in una riduzione del prezzo di vendita, rispetto a quello stimato e in un allungamento delle tempistiche di liquidazione. Ancora, ogni collezione è totalmente assicurata, resistente alla recessione del mercato finanziario ed è stoccata all’interno di magazzini fiscali che ne garantiscono la conservazione, secondo le corrette condizioni: minima esposizione alla luce, umidità e temperatura costante, assenza di vibrazioni e forti odori – come spiega Wine Profit, società ibrida innovativa, che si posiziona tra due realtà del mercato: le società di investimento nel vino e i commercianti di vino e che possiede circa 65.000 bottiglie di vino a magazzino, con un valore economico di oltre 7 milioni di euro. More





Che ci crediate o meno, Lunelli è l’azienda di cui analizziamo il bilancio con il maggior numero di visite (1051 contro 963 per Antinori e 763 per… Tannico) e quindi è necessario fare un buon lavoro! Per questo motivo ho deciso di acquistare sia il bilancio Lunelli che quello Ferrari, in modo da riconciliare una incongruenza sul fatturato di Ferrari, che negli anni precedenti veniva esposto come “lordo” mentre da quest’anno lo vedete come “netto” (ossia coerente con i fatturati delle altre aziende che guardiamo).
Il 2024 è stato un anno di leggero calo per le vendite del gruppo Lunelli (-6%) e, in misura più contenuta per Ferrari (-2.6%), mentre il calo di Bisol è allineato a quello medio del gruppo. Dopo un 2023 difficile, i margini sono invece in ripresa, con un EBITDA di 27 milioni al 19% del fatturato, mentre la mancanza di proventi finanziari straordinari determina una normalizzazione dell’utile netto, 12 milioni, dopo i 26 milioni dello scorso anno.
Se il gruppo è entrato nel 2025 con risultati solidi, l’attenzione degli amministratori è al contenimento dei costi per fronteggiare un contesto di mercato, soprattutto (ma non solo) domestico che resta difficile e a cui il gruppo è esposto in modo rilevante.
Passiamo a un breve commento dei numeri con tabella e ulteriori grafici.Il fatturato consolidato cala a 138 milioni di euro, di cui 92 milioni sono Ferrari e 26 milioni sono Bisol. Le vendite italiane sono in calo del 7% a 110 milioni, quelle estere scendono del 2% a 27 milioni di euro. Ferrari ha avuto un calo dei volumi dell’8% a 5.7 milioni di bottiglie a fronte di un fatturato calato del 3%, quindi con un miglioramento del prezzo-mix del 5%.
L’EBITDA passa da 26 a 27 milioni, dal 17.7% al 19.4% del fatturato, grazie al contenimento dei costi e al miglioramento del mix delle vendite (Ferrari è più profittevole della media), mentre l’utile operativo di 10 milioni beneficia dell’assenza di svalutazioni straordinarie presenti nel 2023, quando era sceso a 6 milioni. Al contrario, vengono a mancare circa 17 milioni di proventi straordinari e dunque l’utile netto torna a 12 milioni dai 26 del 2023.
Se guardiamo al dettaglio, l’utile netto di Ferrari passa da 9.3 a 8.8 milioni, la perdita di Bisol cala leggermente a 0.8 milioni, mentre le Tenute Lunelli hanno perso 1.8 milioni di euro (1.4 milioni nel 2023).
A livello finanziario, l’indebitamento finanziario netto sale da 44 a 50 milioni di euro, completamente compensato dal valore delle partecipazioni, salito da 111 a 114 milioni. L’azienda ha investito 17 milioni di euro contro 19 del 2023, in linea con gli ammortamenti, mentre ha distribuito 8 milioni di dividendi (contro 6.5 del 2023).Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More






I risultati 2019 di Sartori sono un po’ la continuazione di quanto visto nel 2018, con alcuni aspetti positivi (l’andamento in Italia, la riduzione del debito) e altri negativi (lo stallo delle vendite all’estero, piuttosto che la costante pressione dei costi delle materie prime sui margini). L’azienda giunge alla sfida della crisi COVID potendo fare leva sull’esposizione nel canale distributivo della grande distribuzione (80% delle vendite italiane), che rappresenta una sfida dal punto di vista dei margini (visto il potere negoziale della controparte) ma che in questa fase di chiusura totale del canale Ho.Re.Ca. ha avuto un andamento migliore. E in effetti, anche per Sartori le cose fino ad ora non sembrano essere andate male, visto che le vendite sono fino ad ora calata di meno del 10%. Andiamo dunque ad analizzare più da vicino il 2019.
Le vendite sono stabili a 52 milioni di euro con un andamento positivo dell’Italia (+6% secondo il bilancio, +9% nella relazione) e un calo del 3% delle vendite esteri, per rispettivamente 15 e 37 milioni di euro. Le vendite nella GDO italiana sono in crescita del 4%.
All’estero si combinano i progressi in diversi paesi (Germania, Austria e Francia a +8/9%, Regno Unito e Giappone +11%, oltre a forti progressi in mercati meno rilevanti in valore assoluto come la Russia e la Corea del Sud), con il calo nel mercato americano (-20%) dovuto anche al cambio di distributore. Anche in Cina (non vengono forniti numeri) le cose sembrano non andare per il verso giusto.
I margini sono in ulteriore contrazione. L’utile operativo cala del 7% a 2.5 milioni di euro, per un margine del 4.8% rispetto al 5.1% dello scorso anno. Sia in termini assoluti che percentuali è il livello più basso dal 2013 a questa parte. Il calo del 2019 è determinato per 10 punti base dalle materie prime (che però erano cresciute molto nel 2018) e per 20 punti base per il costo del personale. L’utile netto scende del 6% a 1.3 milioni, con oneri finanziari in calo e un’aliquota fiscale in leggerissimo miglioramento al 28%.
Nella parte finanziaria, come dicevamo sopra il debito netto cala da 12.6 a 11.1 milioni di euro. Contribuiscono al miglioramento il calo di circa 1 milione di euro del capitale circolante (peraltro la principale causa del balzo del debito nel 2018) e il calo degli investimenti (solo 0.4 milioni nel 2019). Come lo scorso anno, Sartori ha distribuito 1 milione di euro di dividendi ai propri azionisti.
Il rapporto debito/EBITDA migliora leggermente da 4.7 a 4.4 volte, mentre il ritorno sul capitale cala al 10% (11% nel 2018), nonostante la leggera contrazione del capitale investito (da 25 a 24 milioni di euro).
Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More





Come potete leggere sui giornali, LVMH sta diventando una delle aziende più importanti d’Europa (con un valore di mercato di quasi 200 miliardi di euro) e la famiglia che detiene il 47% delle azioni (la famiglia Arnault) è classificata come la seconda più ricca del mondo. Ciò è frutto della strategia di crescita nel mercato […] More





