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IN EVIDENZA

  • Fonte: ISTAT
    La bilancia commerciale del vino italiano è leggermente peggiorata nel 2020, come ci si poteva aspettare. In particolare, a fronte di una riduzione delle esportazioni di circa 142 milioni di euro, le importazioni di vino in valore sono calate soltanto di 30 milioni circa, determinando dunque un calo da 6.1 miliardi di euro a 6 miliardi del nostro surplus vinicolo. Per tutto quello che è successo è andata “di lusso”, nel senso che il deterioramento è concentrato nel segmento dei vini spumanti, dove le nostre importazioni sono calate del 14% ma in valore l’impatto del -6% del nostro export è stato molto superiore. Venendo alle importazioni, non ci sono grandi novità: abbiamo importato circa 1.8 milioni di ettolitri nel 2020, +7%, ma abbiamo speso il 9% in meno dell’anno scorso, circa 300 milioni di euro. Come da diversi anni a questa parte, i nostri due principali partner sono la Francia e la Spagna, che contano per circa 265 milioni dei 300 di cui sopra, con delle esposizioni molto diverse. Nel caso della Francia l’import è principalmente di spumanti e vini pregiati (per un valore di circa 8 euro al litro), mentre per la Spagna si tratta soprattutto di vino di bassa qualità (dato che il valore di importazione corrisponde a circa 0.50 euro per litro importato). Passiamo a commentare qualche dato.

    L’Italia ha importato 304 milioni di euro di vino nel 2020, per un volume di 1.8 milioni di ettolitri, rispettivamente -9% e +7% sul 2019. L’andamento è difforme tra il primo semestre (in calo) e il secondo semestre (in ripresa, con un valore stabile e un volume in crescita del 30% circa).
    La parte più importante del nostro export è quella dello spumante che copre circa 168 milioni del totale, in calo del 14%. Di questi 161 milioni vengono ovviamente dalla Francia e si confrontano con 180 milioni di import del 2019.
    Il resto è suddiviso abbastanza equamente tra vini in bottiglia (63 milioni di euro, di cui 31 dalla Francia, 9 dal Portogallo e 7 dalla Spagna) e vini sfusi (73 milioni, di cui una cinquantina vengono dalla Spagna e 8 dalla Francia). L’import di vini in bottiglia cala del 10%, quello del vino sfuso cresce invece del 10%.
    Arriviamo quindi ai dati generali per mercato, che vedono la Spagna come maggiore esportatore in volume con circa 1.3 milioni di ettolitri e la Francia come maggiore esportatore in valore con 200 milioni. Le posizioni si ribaltano esattamente tra le due nazioni nelle classifiche a volume (Francia seconda) e a valore (Spagna seconda).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco

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  • I risultati 2023 di Duckhorn non hanno deluso le aspettative che il management aveva fornito: le vendite sono cresciute dell’8% a 403 milioni di dollari, l’EBITDA rettificato è andato oltre gli obiettivi a 145 milioni di dollari, +13% ma l’utile netto è salito un po’ meno delle attese a causa dell’incremento del costo del debito, +9% a 77 milioni. Purtroppo, il valore delle azioni si è più che dimezzato nel giro di un anno. Forse, oltre al fatto che gli investitori si aspettavano qualcosa di più, il colpo più secco (da un’analisi ex post) è venuto dalle indicazioni per il 2024 (luglio 2024), che indicano una crescita delle vendite e dell’EBITDA soltanto del 5-6% (quindi: margini stabili) e un utile netto stabile, a causa presumibilmente dell’incremento del costo del debito. Ora, tornando alle azioni, quando scrivevamo lo scorso anno le azioni stavano a 22 dollari, prima dei risultati erano tra 12 e 13 dollari e ora sono crollate a 10 dollari. Quindi al 3 ottobre, le azioni Duckhorn restituivano una valorizzazione di mercato di 1.2 miliardi di dollari, che diventano 1.4 miliardi con il debito. Tradotto in multipli sugli obiettivi 2024, stiamo parlando di 15 volte gli utili (oltre 30 lo scorso anno), 9 volte l’EBITDA (22x un anno fa) e 3.3 volte le vendite (quasi 8 lo scorso anno). Una valutazione decisamente più “umana”, soprattutto per un’azienda che ha buoni marchi (vedere all’interno), ben gestita ma che comunque compra il 90% delle uve all’esterno (e quindi non ha valore nelle vigne, o quasi), essendo quindi sottoposta a pressioni inflazionistiche. Bene, questo è il quadro, passiamo a un’analisi più dettagliata dei risultati.

    Le vendite a luglio 2023 salgono dell’8% a 403 milioni, grazie all’incremento dell’11% del segmento “ingrosso”, mentre le vendite dirette sono cresciute soltanto del 3%.
    L’incremento dei prezzi e del mix ha portato un +2.6%, mentre i volumi sono cresciuti del 5.6% nel 2023, contro il +1% e +9% registrato nell’anno precedente.
    I margini sono migliorati: il margine lordo passa dal 50% al 53.5%, il margine EBITDA dal 34% al 36% (ma resta sopra il 40%+ di qualche anno fa, quando peraltro l’azienda era metà di adesso). L’utile netto rettificato passa da 71 a 77 milioni, causa la risalita degli oneri finanziari, da 7 a 12 milioni.
    A livello finanziario gli investimenti sono balzati da 45 a 72 milioni, “mangiando” completamente la cassa generata dall’attività, passata da 69 a 70 milioni (anche a causa del forte incremento del magazzino). Pur non avendo pagato dividendi agli azionisti, il debito resta stabile, passando da 220 a 227 milioni di euro. Non un buon segno, particolarmente di fronte al rallentamento della crescita che il management ha previsto per il 2024.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More

  • Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    La questione del consumo di vino (e di alcol) delle nuove generazioni imperversa e per questo riguardato i dati ISTAT sulla penetrazione del consumo di vino per fasce di età, che con questo blog recensisco dal lontano 2007. Questo consente non soltanto un’analisi delle classi di età nel tempo, ma anche un’analisi parziale (su 15-20 anni) di come la penetrazione del consumo si evolve nel tempo per le stesse coorti. I dati qui analizzati arrivano all’indagine 2023, avremo una nuova serie tra breve (di solito aprile-maggio).
    Credo che le conclusioni di questa breve analisi, salvo approfondire con grafici e tabelle nel resto del post siano le seguenti: primo, non è vero (secondo i dati ISTAT) che meno giovani bevono vino – anzi l’evidenza è esattamente opposta, anche se marginalmente – , è vero probabilmente che come per tutte le altre fasce di età il modello di consumo si sposta dal consumo abituale a quello sporadico. Il tema è quanto sporadico. Secondo, è sicuramente vero che più “diventiamo grandi” più è probabile che diventiamo consumatori di vino. Non si puù confrontare la penetrazione di consumo dei 50enni con quella dei 25enni, sono due generazioni in una fase diversa.
    Tutti i dati sono nel post (e se li cercate anche nella parte Solonumeri). Un’analisi più dettagliata segue, con tutte le tabelle.

    Dunque, le tabelle che metto oggi sono due, quella della penetrazione totale di consumo di vino per età dal 2007 al 2023 (attenzione si legge dal basso all’alto, quindi il “trend” si evince salendo con l’occhio) e quella della penetrazione del consumo abituale moderato di vino (“1-2 bicchieri al giorno”).
    Se guardiamo alle fasce dei giovani, negli ultimi 2-3 anni la penetrazione di consumo di vino è tra 4 e 5 punti percentuali superiore a quella media storica. È vero che sono stati gli anni del Covid ma è anche vero che la penetrazione sul totale della popolazione è del 54.8% nel 2021-23, contro una media del 53% nel 2007-2020. Numeri alla mano, la media della fascia 18-34 anni (le ho messe insieme) è stata nel 2021-23 del 48.4% contro un dato del 44% nel periodo 2007-2020.
    Secondo, come è successo al sottoscritto non si beve vino da ragazzi (nel caso mio e di quelli che come me si avvicinano alla boa dei 60 anni, forse perché non era abbastanza buono quello in famiglia), lo si beve da adulti. L’analisi della coorte 1988-89, che nel 2007 era rilevata come “18-19” anni al 35% di penetrazione di consumo, nel 2010 ricadeva nella fascia 20-24, ossia 42%, poi nel 2018 ricadeva a metà della fascia 25-34 e la penetrazione era salita al 56%, nel 2028 (se il blog ci sarà ancora, ISTAT sicuramente) sarà nella fascia 35-44. Se però vogliamo “parametrare” il 2023, ci metteremmo a metà tra la fascia 25-34 e 35-44 e calcoleremmo quindi una media del 61%.
    Infine, vi metto la tabella e il grafico del consumo di vino abituale moderato, in questo caso scende per tutti e questo è il vero punto. Il consumo diventa sporadico, il tema è quanto sporadico e la minaccia è probabilmente per i prodotti di basso prezzo/qualità che proprio per un consumo abituale giornaliero sono stati studiati.

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  • Le esportazioni di spumante nel primo trimestre sono visibilmente rallentate rispetto al passato, forse anche a causa dello spostamento della Pasqua in Aprile rispetto alla fine di Marzo. In un trimestre poco significativo dal punto di vista stagionale, la crescita del 6% (322 milè ormai legata soltanto al Prosecco, che continua la sua corsa (+21%), […] More

  • Grazie alla cortesia degli esperti dell’Area Studi Mediobanca possiamo anche quest’anno analizzare il prezioso rapporto sul settore del vino (disponibile a questo link), con l’aggiornamento dei dati cumulati di 253 aziende vinicole che rappresentano il l’88% circa del comparto. I dati sono un anno in ritardo per via della disponibilità dei bilanci, e fanno quindi riferimento al 2022. Il quadro dell’anno è chiaro: recupero totale delle vendite perse nel periodo COVID (+9%), ma un forte impatto sui costi produttivi per via della fiammata inflazionistica che ha determinato una diluizione dei margini e, alla fine, utili inferiori al 2021 (solo marginalmente a livello operativo). Con investimenti quasi stabili in proporzione alle vendite (5%) e un indebitamento cumulato stabile, il rapporto debito/EBITDA è rimasto a circa 2.3 volte, il livello più basso da quando seguiamo il rapporto, a significare che le aziende vinicole italiane hanno spazio per investire (e Antinori, per esempio ma non solo, lo ha fatto con un sostanzioso investimento in USA). Il 2023 sarà un anno di transizione con vendite stabili (secondo il sondaggio di Mediobanca, che applica a una buona quota delle aziende) e, presumibilmente, costi che tornano sotto controllo. Mettendo tutto insieme, difficilmente il 2023 potrà mostrare significativi progressi. Proseguiamo l’analisi nel resto del post con numerosi grafici e dati riassuntivi.

    Il fatturato 2022 delle aziende vinicole italiane è cresciuto del 9% a 11.75 miliardi di euro, di cui 5.95 miliardi realizzato all’estero (+7%) e 5.8 miliardi in Italia (+11%). Risulta quindi un bilanciamento quasi perfetto tra vendite domestiche ed esportazioni, in linea con quanto visto negli ultimi 10 anni.
    Le pressioni inflazionistiche hanno avuto un forte impatto sui costi esterni (+10.5%), che hanno determinato una leggera diluizione del valore aggiunto, cresciuto del 4% e dunque sceso dal 19.6% al 18.6%. Con un costo del personale in crescita del 7%, il Margine Operativo Lordo è praticamente stabile in valore (+1%), con un margine calato dal 10.9% al 10.1%. Gli ammortamenti sono cresciuti del 4% portando a un leggero calo in valore assoluto dell’utile operativo, da 700 a 690 milioni.
    I maggiori tassi di interesse hanno determinato un forte incremento degli oneri finanziari (+21%), nonostante il debito sia rimasto praticamente stabile (2.7 miliardi di euro) e a completare il quadro la tassazione è leggermente cresciuta (dal 21.5% al 22%), come i componenti non ordinari. Alla fine dei conti, l’utile netto cala da 507 a 434 milioni, anche se va detto che il confronto era con un 2021 “eccezionale”.
    A livello finanziario e patrimoniale, il capitale investito cresce da 11.9 a 12.45 miliardi di euro (nonostante un miglioramento della gestione del circolante), con un debito stabile a 2.7 miliardi. Il rapporto con il patrimonio netto migliora, mentre quello con il MOL resta stabile a 2.3 volte, il livello più basso di sempre.
    Tutto considerato il ritorno sul capitale del settore è al 6% (contro il 6.3% del 2021), dato che però sconta il peso delle cooperative.
    Infine, gli investimenti sono stati 586 milioni di euro, in crescita del 12% rispetto al 2021, a fronte di un fatturato cresciuto come dicevamo del 9% e di un MOL a +4%.

    Prossimo appuntamento l’analisi delle aziende italiane “a scopo di lucro”, quindi ex cooperataive e poi quelle specializzate nella produzione di spumanti.

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MERCATO

  • Utili, margini e ritorno sul capitale delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca – aggiornamento 2024

  • Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2024 – fonte: Area Studi Mediobanca

  • Delegat Group – risultati 2025

  • Esportazioni di vino Italia – aggiornamento agosto 2025

  • Australia – produzione di vino 2025

LAVORO

  • CORSI WSET LIVELLO 3 A FIRENZE CON WINE SCHOOL ITALIA

  • CORSI WSET A FIRENZE CON WINE SCHOOL ITALIA

  • Marketing Internazionale del Vino: la parola a Lorenzo, partecipante dell’ultima edizione del corso

  • Marketing Internazionale del Vino: la parola ai partecipanti dell’ultima edizione del corso

  • Corso di marketing Internazionale del Vino: offerta formativa e aree di insegnamento

  • Intervista a Robert Joseph, editor di Meininger’s Wine Business International

  • MIV 7 – La presentazione del corso in Marketing Internazionale del Vinoù

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