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Calitro, Francesco Lonoce: “Ho ereditato una bella patata bollente”

Nel territorio tra Sava, Manduria, Lizzano e San Marzano, si estendono i vigneti di Calitro, nel cuore della DOC del Primitivo di Manduria, dove la generosa terra rossa infonde il suo afflato vitale ai magnifici alberelli, simbolo e orgoglio della Puglia.

Il vino qui è qualcosa che allude a una cultura ancestrale, a una tradizione stratificatasi nel DNA di chi in questa terra vive e lo produce, ma con una consapevolezza nuova, alimentata dal fuoco del progresso e di ulteriori competenze acquisite.
Francesco Lonoce, titolare dell’azienda Calitro, quarta generazione di una famiglia dedita alla viticoltura con la passione del vino, è riuscito con intelligenza in questa operazione di elegante fusione di caratteri tradizionali e squisitamente territoriali (le autoctonie in primis), con altri concernenti la sua formazione e il suo vissuto, orientati in particolar modo al marketing e alla comunicazione.

Francesco, come nasce l’azienda Calitro?

L’azienda Calitro nasce qualche anno fa, nel 2014. Ho ereditato questa bella “patata bollente” da mio nonno che ha sempre fatto del buon vino per sé e per gli amici, ma non ha mai pensato di metterlo sul mercato. Da quando sono intervenuto io abbiamo sistemato con l’enologo la produzione, riuscendo a ottenere degli ottimi vini da commercializzare.

Quindi il primo prodotto che avete commercializzato è stato il Negroamaro?

Per prime, siamo riusciti a fare due bottiglie importanti, un Primitivo di Manduria – perché siamo a Sava- e un Negroamaro. Abbiamo voluto creare bottiglie importanti già dalla veste, spendendo il massimo impegno per renderla più speciale possibile e visibile al mondo del vino.

Quanti ettari avete?

Il nonno me ne ha lasciati all’incirca quindici, attualmente siamo arrivati a 80. Le nostre uve sono sempre sane, le migliori le teniamo per noi e le vinifichiamo, le restanti le vendiamo ad altre cantine. Qualsiasi annata, grazie proprio al numero di ettari, riesce bene; produciamo un quantitativo di 64.000 bottiglie, diviso per 6 etichette.

La vostra idea di produrre la bollicina mi incuriosisce, perchè Vinoway è stata tra i pionieri per quanto riguarda  la comunicazione degli spumanti nel meridione. Che cosa vi aspettate da questa tipologia?

Partiamo da come è nato il pensiero. Calitro è tutto ciò che ha a che fare con la mia famiglia. Calitro è il soprannome di famiglia da generazioni. Ha un’origine albanese, con influenze greche e turche. In greco Kaliter vuol dire qualcosa di bello, in turco persona dal temperamento forte. Ho utilizzato, per ogni lettera del nostro logo, caratteri diversi, perchè ognuno di noi ha caratteri diversi. Personalmente non vengo dal mondo del vino, ed è questo che mi ha spinto a sperimentare uno spumante da Primitivo. Mi serviva una bollicina come simbolo di questo senso di festa che Calitro racchiude dentro sé.

Un ragazzo giovane, dinamico e intelligente, che non viene dalla terra ma che si presta all’attività di produttore e vignaiolo. Come ti rappresenti in queste tue bottiglie, c’è qualcosa che ti assomiglia?

Diciamo che mi assomiglia tutto al 100%. Ciò che è al di fuori dalla lavorazione del vino è interamente frutto del mio lavoro. Poichè sono un amante del design, mi cimento in prima persona nella realizzazione di ogni nuova etichetta.

Ricordo bene quando nel 2015, durante la mia partecipazione al Concorso Mondiale del Vinitaly, fu presentato il vostro Primitivo Riserva 2011 e fui proprio io a comunicarvi la bella notizia della vittoria della Grande Medaglia d’Oro. Da allora che cosa è successo?

In realtà quel premio è arrivato troppo presto, nel senso che non sono riuscito a gestirlo così come avrei dovuto, sia dal punto di vista mediatico che della promozione. Sicuramente mi ha dato una mano, sono stato contattato senza che io facessi alcuna pubblicità, e le vendite ne hanno tratto un beneficio. Ora sono più consapevole di quello che faccio, sono più determinato.

Anche la Vinoway Wine Selection 2019 vi ha attribuito un importante riconoscimento con la medaglia d’Argento. Per quanto concerne il vino rosato, come state lavorando?

Sempre per via del fatto che sono un po’ folle, l’anno scorso ho pensato di farlo in due versioni, una più chiara e una tradizionale salentina. Sono andate bene entrambe, ma per un omaggio alla tradizione che Calitro rappresenta, ho voluto mettere in bottiglia ciò che mio nonno aveva iniziato a produrre. In più ho aggiunto una Verdeca, che è un altro vitigno autoctono pugliese. E’ sempre il territorio che regna nella mia azienda.

La vostra produzione è limitata a livello regionale/nazionale o state pensando anche ai mercati esteri?

Principalmente ci rivolgiamo al mercato pugliese poichè siamo qui e dobbiamo farci conoscere, ma anche al mercato estero, Giappone, Taiwan, Brasile, Svizzera, Danimarca, Repubblica Ceca… soprattutto grazie alla partecipazione alle fiere.

Cinque anni e già c’è un posizionamento sul mercato. Da qui ad un lustro che cosa auspichi?

Stiamo investendo tanto per la ristrutturazione della Masseria, al fine di un discorso di incoming. Ho avuto in eredità dei trulli e una casa sul mare e vorrei dare la possibilità agli ospiti di trascorrere una vacanza nei luoghi più caratteristici della Puglia, per esempio la Murgia tarantina, fornendo loro l’opportunità di degustare i prodotti tipici del luogo, tra cui il famoso capocollo e le ottime carni  o la nostra campagna per far provare le verdure e i prodotti della terra, o il mare per far assaggiare anche lì le nostre delizie.

In bocca al lupo!


Fonte: https://www.vinoway.com/approfondimenti/vino/interviste.html?format=feed&type=rss


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