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Dazi americani sui vini italiani, un salto nel passato

Quello peggiore, ovviamente.

E’ la più grande minaccia all’industria del vino dai tempi del Proibizionismo americano, quando dal 1920 al 1933 era proibito vendere, consumare e importare bevande alcoliche. Anche adesso siamo negli anni Venti (del 2000…), ma il minacciato rialzo fino al 100% delle tariffe statunitensi sui vini europei, italiani inclusi, sembra voler precipitare l’America e il resto del mondo nel secolo scorso.

A quanto pare, il presidente americano Donald Trump considera le tasse d’importazione come il miglior modo per risolvere contese commerciali che non gli garbano, sottovalutando completamente – ammesso che ne sia consapevole… – il fatto che una simile decisione è in realtà un boomerang: i primi a pagarne le conseguenze non saranno i “nemici” francesi, italiani o più in generale europei, ma gli americani stessi. L’aumento delle tariffe avrebbe infatti conseguenze disastrose per decine di migliaia di imprese americane, come sostengono migliaia di operatori, che da giorni stanno facendo tutto quello che possono per impedire che questa minaccia si trasformi in realtà.

I Wholesalers of America di Wine & Spirits Wholesalers of America stimano che le tariffe al 100% sui soli vini spumanti francesi porterebbe ad un crollo delle vendite complessive di vino negli Stati Uniti di quasi il 2%, con la conseguente perdita di 17.000 posti di lavoro e un costo per l’economia americana di 2 miliardi di dollari.

Disgraziatamente, al momento non sembra esserci ancora una data precisa entro la quale i minacciati dazi entreranno in vigore, e questo cuocere a fuoco lento nell’incertezza sta mettendo a dura prova i nervi di chi lavora nel mondo del vino (a tutti i livelli), di qua e di la’ dall’oceano. Negli USA, gli esperti prevedono  che le tariffe sui vini europei costerebbero circa 10 miliardi di dollari in perdita di entrate, e 78.000 posti di lavoro, perchè andrebbero a colpire i 47.000 rivenditori di vino della nazione e più di 6.500 importatori e distributori. Per non parlare dei danni che arrecherebbero alla ristorazione americana. Finora importatori, rivenditori e produttori si sono sobbarcati gli aumenti tariffari del 25% decisi a ottobre, ma se quelli aumenteranno ancora fino al 100% non saranno più in grado di farlo. Inoltre, un aumento del 100% sulle tariffe d’importazione del vino europeo paralizzerebbe l’attività di importazione e distribuzione, e danneggerebbe anche i rivenditori. E se questi, insieme ai ristoratori, fossero costretti a chiudere bottega, le prime a risentirne sarebbero le aziende vinicole americane.

Quanto agli americani, con prezzi sparati alle stelle sarebbero costretti se continuare a bere vino o scegliere altre bevande. Per l’Italia, sarebbe una mazzata terribile: gli Stati Uniti sono infatti la prima destinazione in valore per il nostro vino, esportato per oltre 3,3 milioni di ettolitri (pari a 2,2 miliardi di euro).

Ammesso che qualcosa sia ancora possibile fare – come al solito, gli italiani si sono mossi buoni ultimi… – non resta che sperare in un asse italo-americano di operatori e professionisti del settore, che dalle due sponde dell’oceano fanno pressione sul governo USA per impedirgli di far tornare tutti ai giorni di Al Capone e compagnia mitragliante.


Fonte: https://vinopigro.it/blog/?format=rss


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