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Un verdicchio con aria nuova

Potrei parlare di un Verdicchio che l’aria quasi non la conosce, la va a cercare ed incontrare solo appena stappato. E’ così che va a finire la storia di Bianca, ultima etichetta nata in casa dell’azienda Socci di Castelplanio, in concomitanza con la venuta al mondo della piccola Bianca (in carne ed ossa), nipotina di Pierluigi, anima, braccio e mente vulcanica di questa piccola realtà.

Incontrai questo ruvido e sincero personaggio anni fa, insieme alla figlia Marika, quando conobbi la loro gamma, composta dalla metà delle etichette attuali, tra le quali spiccava appunto il Marika, ottenuto da uve verdicchio criomacerate, tecnica che esaltava profumi esotici e dava profondità e rotondità ad una materia già viva di polpa e sapore. Caratteristiche che emergono nitide nel Deserto, versione di Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore che racconta l’anima del territorio aziendale, con richiami sempre piuttosto netti di mandorla, fini note floreali in gioventù, e una costante scia sapida. Ma vino per me sempre meritevole e quasi sottovalutato in quanto etichetta “d’ingresso”, è il Martina, dinamico e succoso grazio a un piccolo saldo di Malvasia, uva compresente in alcuni filari del vigneto, che consta di un corpo unico di soli 3 ettari sul Monte Deserto, in cima a Castelplanio.

Nel tempo il buon Pierluigi, battibeccando e giungendo a compromessi con la paziente Marika, che lo affianca costantemente nell’impresa, si è lanciato anche nella produzione di Metodo Classico, realizzando in casa sia una versione 36 mesi che una più fresca versione 18 mesi, rispettivamente Ousia e PeterLuis. Sembrava così avere esaurito le sfide, quando in fiera incontrò due ragazzi giovani e con idee nuove sulla vinificazione. I due si chiamano Luca e Andrea Elegir, rispettivamente ingegnere ed enologo, già impegnati in Piemonte nel campo vitivinicolo, che un bel giorno si sono inventati un nuovo sistema di vinificazione. L’idea di partenza era impedire il contatto del vino con l’ossigeno, per preservare quella parte di profumi primari che Andrea, nelle sue esperienze di cantina, trovava sempre andare sminuendosi nei vini ad ogni travaso. Nel travaso proprio il contatto con l’ossigeno trasformava sostanze aromatiche e modificava il profilo olfattivo del vino. All’idea seguirono le prove, i test di laboratorio, i prototipi, fino ad arrivare al brevetto di Vinooxygen.

Inutile dire che a Pierluigi Socci, dopo aver scoperto questa tecnologia, è montato il grillo in testa, e quando si è catapultata in famiglia una nuova vita, per lui è stato il tempo di una nuova sfida, e a quel punto sapeva già su cosa puntare. Così nel 2018 fa una selezione di uve dalla parte bassa del vigneto e la vinifica col sistema Vinoxygen installato per l’occasione nella piccola cantina a Castelplanio. Anche l’imbottigliamento avviene in assenza (o quasi) di contatto con l’aria, infine i giusti mesi di riposo in bottiglia prima di uscire sul mercato.

E per la prima volta Pierluigi ha voluto fare un presentazione, scegliendo con Marika la vecchia vineria del paese, un locale suggestivo e raccolto, per ribadire il legame con un territorio che amano e desiderano tenere vivo. In fondo dal territorio ricavano il frutto dei loro sforzi, è uno scambio di sapere e di lavoro, di natura e di umanità, quel connubio fondamentale per portare avanti realtà vinicole degne di protrarsi e trasmettere qualcosa di sincero e onesto nel prodotto finale.

L’evento portava in dote tutto l’entusiasmo e l’emozione di una Marika in versione presentatrice, puntuale e sincera nel suo intervento, dove ha citato tutte le persone coinvolte nel progetto “Bianca”, dai fratelli Elegir di Vinooxygen a chi ha curato l’etichetta. passando per tutte le persone coinvolte nella vita professionale dei Socci. Ma al di là dei preamboli che solo chi era presente ha potuto godere, vale la pena una nota sulla degustazione, che metteva a confronto nel calice il Deserto 2018 con il Bianca 2018, prima versione finalmente pronto all’uscita. Posto che la provenienza è del medesimo vigneto, e differiscono solo per pochi giorni di distanza nella raccolta e porzione di vigneto interessata (a valle per il Bianca, a fine settembre, a monte per il Deserto, ai primi di ottobre).

Nel calice la differenza risulta evidente alla degustazione, quasi sorprendente. Il Bianca è vivo di fiori freschi, e man mano si apre su frutta fresca, pesca bianca, melone, un cenno di miele di acacia. il sorso scorre fresco e saporito, sembra quasi dolce per la ricchezza di frutto e florealità che rimanda al palato, amalgamate in una percezione cremosa, avvolgente. Una materia integrata e piena di sfumature, che appaga il palato senza appesantirlo, e soprattutto senza mai mostrare muscolarità alcolica, nonostante i 15% che rimangono solo in etichetta, e non al palato, dove chiude comunque con una traccia di mandorla molto tipica. Traccia che si trova sempre nitida nel Deserto, anche in questo 2018, sorretto da bellissima dorsale acido-sapida, dai tratti quasi minerali nei toni, che lasciano al fiore solo tenui cenni, offrendo maggiore frutto, senza eccessi, mantenendo un sorso che sferza la bocca e la lascia col suo strascico di sapidità. Bello come le due versioni rispecchino entrambe una idea coerente di Verdicchio di Jesi, solamente con espressioni diverse ed altrettanto interessanti, capaci di potere diventare a tavola preziose carte da giocarsi in situazioni diverse.

Insomma, valeva la pena davvero presentare Bianca, fare conoscere questa nuova tecnologia e la sua applicazione al Verdicchio. Ed ora non resta che attendere la prossima sfida di Pierluigi Socci!


Fonte: https://www.iltaccuvino.com/category/regioni/feed/


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