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    Canada – importazioni di vino – aggiornamento 2023

    A valle dei dati americani commentiamo anche le importazioni di vino canadesi, che sono calate ancora di più nel 2023. Secondo i dati di UN Comtrade le importazioni sono state 2.7 miliardi di dollari canadesi, -9%, che tradotte in euro fanno 1.85 miliardi, meno 14%. Un dato parzialmente legato al calo dei volumi (-10% a 3.7 milioni di ettolitri), ma anche a mio avviso a un livello particolarmente elevato di importazioni nel 2021-22 che va normalizzandosi. Detto questo, il Canada resta un mercato che in ottica quinquennale (2018-23) ha un passo del 2% circa di crescita annua con un calo del 2-2.5% annuo dei volumi. Come in altri mercati “sviluppati”, la Francia è andata leggermente meglio dell’Italia, pur in un contesto che oramai conosciamo, ossia di un calo delle esportazioni francesi leggermente più accentuato di quelle italiane nel loro complesso. Stiamo parlando di piccole differenze, -10% per la Francia contro -12% per l’Italia e, come per gli USA, troviamo un calo più accentuato degli spumanti francesi (-16%) che per quelli tricolore (-16%). Nel ricordarvi che trovate tutti i dati in formato testuale nella sezione Solonumeri, approfondiamo nel resto del post con tabelle e grafici.

    Il Canada ha importato vino per 1846 milioni di euro nel 2023, con un calo del 14.4% sul 2022, mantenendosi comunque sopra i livelli pre-Covid di 1.7 miliardi circa. La preponderanza di queste importazioni è relativa ai vini imbottigliati, che sono calati del 15% a 1.55 miliardi di euro, mentre il calo per i vini sfusi (88 milioni) è del 10% e quello per i vini spumanti del 13% (206 milioni di euro).
    La Francia mantiene la leadership in valore con 477 milioni di euro di esportazioni e un calo del 10%, che si compone di un calo dell’8% a 367 milioni nei vini in bottiglia e del 16% per i vini spumanti a 98 milioni (sfusi 12 milioni di euro).
    L’Italia perde il 12% a 417 milioni di euro e, diciamo, denota un passo meno marcato del vino francese sui 5 anni (+3% contro +5% annuo). Il calo delle nostre esportazioni, secondo UN Comtrade, è diverso tra le categorie, con -12% per i vini in bottiglia a 336 milioni, dove siamo terzi anche dietro gli USA, -30% per i vini sfusi e -8% per gli spumanti a 72 milioni.
    Il terzo esportatore in Canada restano gli USA con 389 milioni di euro e un calo del 14%. Forti cali come vedete in tabella per tutti i paesi del nuovo mondo.
    Uno sguardo ai volumi, 3.75 milioni di ettolitri e -10%, dove a sorpresa l’Australia sopravanza l’Italia con 741mila ettolitri (+12%) contro 737mila (ma ovviamente sui valori la distanza è abissale tra le due nazioni).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    USA – importazioni di vino – aggiornamento 2023

    Gli USA restano di gran lunga il principale mercato mondiale per il vino e il principale importatore. Da qualche anno a questa parte l’Italia ha lasciato la leadership al vino francese (come dovrebbe essere normale), pur mantenendo il primato in volumi. Il 2023 segue questa linea, con importazioni in calo dell’11% a 6.5 miliardi di euro (-9% in dollari, 7 miliardi), e con una forbice tra Francia e Italia che si allarga leggermente, visto il calo del 9% francese e dell’11% italiano. Se vogliamo trovare un aspetto negativo in questi dati potremmo cercarlo nelle importazioni di vino fermo in bottiglia dove l’Italia manteneva il primato, perso invece nel 2023. Se vogliamo trovare un aspetto positivo, dovremmo forse cercarlo negli spumanti: i nostri calano dell’11%, lo Champagne e gli altri prodotti francesi perdono il 20%, a onor del vero da una base molto elevata. C’era da aspettarselo e probabilmente il prodotto francese è meglio equipaggiato di quello italiano, essendo più orientato ai vini “superpremium”. Stiamo comunque parlando di un mercato fortemente ancorato ai vini europei, che rappresentano il 75-80% dell’import totale, anche se continua a impressionare la progressione dei vini neozelandesi, che in un anno negativo sono riusciti a mantenere i livelli record di export del 2022. Bene, nel resto del post trovate ampie tabelle, disponibili anche nella sezione Solonumeri, e il proseguimento del commento.

     

    Le importazioni americane di vino calano dell’11% a 6468 milioni di euro, tornando poco sopra il livello 2021 e dopo un 2022 eccezionale. In ottica quinquennale l’andamento resta positivo, +3.4% annuo in euro e +1.6% annuo in dollari americani.
    La Francia guida a 2376 milioni di euro (36.7% delle importazioni, da 35.9%), -9% e +5.4% annuo dal 2018, mentre l’Italia perde un po’ terreno a -11%, 2060 milioni, pur mantenendo la quota di mercato del 31.8%. Come dicevamo la Nuova Zelanda spedisce vino per 577 milioni, soltanto -1%, mentre sono allineati al totale i dati spagnoli.
    Nel segmento dei vini fermi in bottiglia (-8% a 4.5 miliardi di euro), la Francia è stabile a 1458 milioni, contro il calo dell’Italia del 12% a 1429 e si prende quindi la leadership del segmento, da sempre italiana. Per intenderci, 10 anni fa l’Italia stava a 1086 milioni e la Francia a 706.
    Nel segmento dei vini sfusi guida la Nuova Zelanda, +4% in un segmento in crescita dell’8%, mentre nel segmento degli spumanti, in calo del 16% a 1617 milioni di euro, la Francia perde il 20% a 893 milioni mentre l’Italia fa meglio della media a -11% per 602 milioni.
    Infine un cenno ai volumi, non coerenti nel 2022. Gli USA hanno importato 12.26 milioni di ettolitri, e qui siamo davanti a tutti con 3.3 milioni di ettolitri, precedendo i canadesi a 2.2 milioni e i francesi a 1.7 milioni.
    Buona consultazione.

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    Brasile – importazioni di vino 2023

    Fonte: UN Comtrade
    Il Brasile è un altro mercato in cui l’Italia nel 2023 ha fatto particolarmente fatica, per occupiamo una posizione di secondo piano, essendo il mercato dominato dai paesi vicini, Cile e Argentina e in ambito europeo dai vicini portoghesi, con cui condividono la lingua. Nel 2023 le importazioni di vino sono rimaste stabili, sia se espresse in euro che in valuta locale, dato che il Real è stato in media allineato al 2022, dopo una fortissima svalutazione degli anni scorsi. Il Cile domina, ma con un calo delle esportazioni vicino al 10% e dunque un calo delle quote di mercato, che scende al 36% del totale importato di 464 milioni di euro e al 39% degli 1.6 milioni di ettolitri di volume. Come potet trovare nel resto del post, i dati sono quais altrettanto negativi per l’Argentina mentre guadagnano quote, oserei dire in modo “strutturale”, sia il Portogallo che la Francia. Niente da fare ancora per l’Italia che ha avuto un anno stabile e si mantiene al quinto posto tra gli esportatori nel paese. Passiamo a qualche dato di dettaglio.

    Il Brasile ha importato vino per 464 milioni di euro o 2.5 miliardi di Real nel 2023, praticamente uguale al 2022 in entrambe le definizioni. Se misurato sui 5 ultimi anni le importazioni sono cresciute del 13% annuo in valuta locale e dell’8% annuo se tradotte in euro, denotando dunque un mercato in crescita.
    Le importazioni in volume sono state 1.6 miliardi di ettolitri, in crescita del 5% nel 2023 e del 7% annuo dal 2018 a questa parte. Questo mette in luce anche un po’ il mix del prodotto, che è inferiore ai 3 euro al litro, quindi denotando un prodotto piuttosto “basico”.
    Il Cile è il primo esportatore con 167 milioni e un calo del 10%, anche se il dato si legge su un 2022 eccezionalmente positivo. L’Argentina è il secondo esportatore con 83 milioni e un calo dell’8%. Anche in questo caso si può dire che la discesa è da un livello molto elevato che era stato raggiunto.
    Sono invece positivi i dati sia del Portogallo, 71 milioni e +9% e della Francia, 49 milioni e +24%.
    Diciamo che questi 4 paesi sono quelli che guidano la crescita del vino nel paese nell’arco degli ultimi 5 anni.
    Il discorso è ben diverso per l’Italia che viaggia sui 37 milioni, stabile sul 2022 e con una crescita annua del 2% nei 5 anni, contro il +6% del Cile, il +12% dell’Argentina, il +9% del Portogallo e il +10% della Francia.
    Nel segmento degli spumanti, che cresce nel 2023 del 40% (!) e nel 2018-23 del 10% annuo, dopo il solito dominio francese (circa il 50% del totale), non ci siamo noi ma gli spagnoli con 10 milioni di euro dei 40 totali. Per l’Italia una posizione irrilevante con 3.5 milioni di euro.

     

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    Treasury Wine Estates – risultati primo semestre 2023/24

    Se c’è una grande azienda nel mondo che ha nel vino il suo vero “core business”, probabilmente questa è TWE. Con un’operazione piuttosto aggressiva ha annunciato alla fine del 2023 l’acquisizione per 1.5 miliardi di dollari australiani di DAOU (di cui 0.5 miliardi finanziati con debito e 1 miliardo con nuove azioni), un’azienda americana principalmente attiva nel segmento “luxury” e in rapida crescita. Si tratta di 1.1 milioni di casse di vino, nella fascia di prezzo tra 20 e 40 dollari americani, con 220 milioni di dollari USA di vendite e 63 milioni di dollari USA di utile operativo (che diventano quindi circa 100 in dollari australiani, ossia il 19% circa dell’utile operativo di TWE dell’anno scorso). Con l’operazione, valutata 13 volte l’EBITDA prima delle sinergie (circa 9 volte comprese), TWE si prende la leadership nel segmento del vino sopra 20 dollari in USA, con l’11% di quota circa (il secondo ha l’8%). Ma le novità, prima di passare all’analisi dei dati semestrali, non si fermano qui: tra marzo e giugno ci si aspetta che la Cina possa rivedere le tariffe proibitive applicate al vino australiano: se fossero abbassate, si riaprirebbe un mercato chiave per TWE, particolarmente per Penfolds, il marchio di lusso (che oltretutto ha cominciato a produrre Champagne in collaborazione con Thienot).
    Venendo ai numeri del primo semestre, che ancora non includono DAOU se non nel debito (salito 1.2 miliardi di dollari australiani da 0.8 di giugno 2023 su un capitale investito passato da 4.7 a 5.9), non c’è molto da rallegrarsi. Le vendite sono stabile a 1.2 miliardi di dollari australiani (Asia e Penfolds su, America giù) con volumi in calo del 9% a 10.8 milioni di casse, i margini calano leggermente (24% nel semestre 2022-23, 22.6% in quello appena terminato). Le azioni hanno però reagito abbastanza positivamente visto l’obiettivo del management di far crescere l’utile operativo del gruppo del 5% circa per tutto l’anno, quindi invertendo il trend del primo semestre, e sempre escludendo l’acquisizione.
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite sono stabili a 1284 milioni di AUD, con un calo del 9% dei volumi, particolarmente nel mercato americano (-17%). La divisione Penfolds continua a crescere, +9% nel semestre a 448 milioni, mentre la parte americana scende dell’8% a 448 milioni. Dal punto di vista geografico, il mercato domestico è stabile a 302 milioni, l’Asia cresce del 6% a 281 e l’America cala del 5% a 494 milioni. +5% per l’Europa a 208 milioni.
    L’utile operativo come dicevamo scende in % alle vendite ma anche in valore assoluto, circa del 6%. A pesare sugli utili è l’andamento negativo per il portafoglio americano, che ha visto un calo del 19% da 115 a 93 milioni, mentre la divisione di Penfolds pur con margini in calo è cresciuta del 3% (vedere tabella).
    Abbiamo detto della parte finanziaria. Dal punto di vista strategico il prossimo passo è quello di capire cosa fare della divisione “Premium Brands” ossia di quel pezzo di attività legato al mercato domestico ed europeo di marchi “non luxury” (per intenderci parliamo di un prezzo medio di circa 5 dollari australiani a bottiglia), che include marchi come Wynns, Lindeman’s, Wolf Bass e squealing pig.
    Insomma, l’azienda è in movimento e sempre nell’ambito dell’attività vinicola.

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    Svizzera – importazioni di vino – aggiornamento 2023

    I dati 2023 delle esportazioni di vino in Svizzera sono leggermente negativi, con un andamento migliore per i vini francesi (+2%) che non per quelli italiani (stabili), nell’ambito di uno spostamento che dura da qualche anno (+6% per i vini francesi in media sui 5 anni, +4% per quelli italiani). Stiamo parlando di un mercato da 1.27 miliardi di euro, quindi rilevante, che negli ultimi due anni ha beneficiato della forte rivalutazione della valuta locale (probabilmente giunta al termine, viste le iniziative che la banca centrale vuole mettere in pratica per proteggere la produzione nazionale). Se dunque prendiamo il dato in euro segna -1%, primo anno in negativo di una serie quinquennale a +5%. Se invece prendiamo il dato in franchi, leggiamo -4% e, in un’ottica di 5 anni, soltanto +1%. Gli svizzeri dunque spendono poco più di 5 anni fa, per bere leggermente meno (-6% sul 2022 e -1% annuo dal 2018, compresa la “schiena” del Covid). Da notare l’andamento molto positivo dei vini spumanti (+10%). Resta il fatto, ben visibile dai grafici, che in Svizzera il vino parla francese e italiano, dato che agli altri restano poco più che le briciole. Passiamo a commentare qualche dato insieme nel post, dove trovate anche diversi grafici e tabelle (in formato testo nella divisione Solonumeri).

    Le importazioni svizzere di vino calano dell’1% a 1271 milioni di euro nel 2023, con un calo del 3% dei vini fermi in bottiglia a 917 milioni, un crollo del 12% dei vini sfusi a 82 milioni (-12%) e un incremento del 10% dei vini spumanti a 267 milioni.
    La Francia è in crescita dell’1.6%, forte di un balzo del 12% dei vini spumanti a 163 milioni (quota del 61%), mentre nell’ambito dei vini fermi in bottiglia cala del 2% a 306 milioni.
    L’Italia paga il poco peso dei vini spumanti e resta stabile a 454 milioni di euro, con 335 milioni di vini fermi (-2% come la Francia e restando davanti alla Francia), -10% sui vini sfusi a 28 milioni di euro e con un +10% sui vini spumanti a 88 milioni, per una quota di mercato in quest’ultimo segmento del 31%.
    Agli altri (313 milioni in totale) le briciole e un andamento più negativo. La Spagna a 137 milioni cala del 4%, per menzionare il dato più rilevante e anche in ottica quinquennale fa peggio di Italia e Francia con un +2% soltanto.

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    I prezzi all’origine del vino – aggiornamento 2023 – dati ISMEA

    Il lavoro di oggi riguarda I prezzi dei vini all’origine come riportati da ISMEA, fonte di questi dati. Il loro andamento è ovviamente legato alle dinamiche vendemmiali, anni ricchi portano a prezzi bassi e annate avare come l’ultima portano a una tensione dei prezzi. La principale osservazione del post di oggi è proprio quella relativa all’incremento dei prezzi osservato nella parte finale del 2023, a fronte di una media annua che nel suo complesso ha visto prezzi leggermente inferiori al 2022. Lo è però soprattutto per la categoria dei vini comuni, che “escono” dal 2023 con un prezzo del 40% superiore a quello dell’anno scorso (vedere tabella e grafico), mentre la situazione è molto più stabile per i vini di qualità e IGT, i cui prezzi erano in proporzione più elevati di quelli dei vini comuni a fine 2022 e sono ora, sempre in proporzione, più bassi. Vi includo poi la tabella con i prezzi medi delle denominazioni del 2023, che si sono mossi nell’ambito di un trend generale in calo del 2% circa, guidato dalla diminuzione dei prezzi dei vini bianchi (-5%) e da vini DOC/DOCG rossi invece stabili. Passiamo a una breve analisi dei dati, che trovate completi nel post. Tutti i numeri scaricabili nella divisione Solonumeri.

    Con un indice uguale a 100 per i prezzi del 2010, ISMEA calcola che i prezzi dei vini all’origine siano stati 157 in media nel 2023, leggermente meno del corrispondente dei prezzi agricoli in generale, che ha chiuso a 168. Quindi, dopo anni in cui il vino mostrava un “pricing power” superiore agli altri prodotti agricoli (fine 2021 come vedete in tabella: 147 vini, 131 prodotti agricoli), l’ondata inflazionistica del 2022-23 ha ribaltato la situazione, vedremo se stabilmente.
    Nell’ambito dei vini, in media il 2023 ha visto tendenze coerenti: -2% per i vini in generale, +2% per i vini comuni, -2% per i vini DOC/DOCG, -3% per i vini IGT. Quello che è invece più importante è il dato “di uscita”: i vini comuni hanno avuto un’impennata negli ultimi mesi del 2023, e sono a 202, ossia il doppio del 2010, mentre i vini DOC e IGT non sono stati influenzati dalla scarsa vendemmia 2023.
    Infine vi riporto le tabelle dei prezzi medi DOC/DOCG bianchi e rossi, che forse meriterebbero un post a parte. Bianchi in media calanti, e segnalo Marsala, Prosecco, San Severo e Alcamo; rossi invece stabili secondo l’indice ISMEA, con crescite per Valpolicella, Etna, Lago Di Caldaro e in misura un po’ inferiore Barbaresco, Friuli Grave Cabernet, Castelli Romani e Barbera del Monferrato. Cali invece tra i rossi per Castel del Monte (-16%), Chianti (-15%), Dolcetto (-14%).
    I prezzi in assoluto vedono il Brunello di Montalcino sfiorare i 1000 euro a ettolitri, con il Barolo a 910 euro e tra i bianchi tre denominazioni intorno ai 300-350 euro per ettolitro: Conegliano Valdobbiadene, Cortese di Gavi e base spumante Trento DOC.

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    Il consumo di vino in USA – aggiornamento Wine Market Council 2021-22

    Diciamolo subito: senza l’intelligenza artificiale non avrei mai trovato questo materiale del Wine Market Council.
    Il Wine Market Council dicevo appunto sviluppa statistiche sulla struttura dei consumi americani di vino. Come potete immediatamente leggere dalle statistiche soltanto un terzo degli americani consuma vino, mentre quasi il 40% non beve niente o quasi niente. Ci troviamo dunque di fronte a un mercato grande ma “diverso” da quelli vicini a noi. Innanzitutto, per gli americani il consumo “abituale” non è giornaliero. Soltanto il 7% di quel 33%, quindi il 2% degli americani beve vino giornalmente. È più da intendere come abitudine settimanale (la metà dei bevitori) o anche meno che settimanale (circa il 45%). C’è poi un tema di fasce di età, che invece accomuna credo tutti i paesi del mondo: i giovani bevono meno vino e più bevande alcoliche, forse per le abitudini della loro età (e allora si trasformerà), ma forse anche per stili di consumo diversi. Così si scopre che a fronte del 40% circa di americani 70enni o più che bevono vino, meno del 30% della fascia 21-29 anni lo fa. Il tutto nell’ambito di un consumo di vino che in % alla popolazione totale è arrivato nel 2021 al minimo degli ultimi anni (la storia arriva al 2015), con un calo sia dei consumatori abituali che di quelli sporadici (il che differisce dai nostri mercati in cui i primi scendono e gli altri salgono). Ah, ultima cosa non meno importante: le donne consumano più vino che gli uomini, non viceversa come da noi! Bene, se vi interessa l’argomento nel resto del post ci sono ulteriori dettagli, grafici e tabelle.

    Il consumo di bevande alcoliche in USA copre il 72% della popolazione oltre 21 anni, ossia 251 milioni di americani. Di questi, il 10% beve raramente, il 29% beve bevande alcoliche che non sono vino, il 15% beve vino ma non più di una volta al mese, mentre il rimanente 18% beve vino con una frequenza almeno settimanale.
    Soltanto il 2.3% della popolazione americana in età compatibile con il consumo di bevande alcoliche beve vino con una frequenza giornaliera. Giusto per confronto, se leggete i post relativi a Francia e Italia trovate questa penetrazione all’11% e al 17% rispettivamente.
    I bevitori abituali di vino (quindi “settimanali”) sono poi in proporzione all’età dal 16% della popolazione giovane al 23% della popolazione di ultra70enni. Lo stesso in realtà vale per quelli sporadici (“mensili o meno”), dal 13% dei giovani al 16% degli anziani.
    Altre considerazioni sembrano essere interessanti: gli astemi sono meno tra i giovani che tra gli anziani: 20-25% contro 37%. Come già sappiamo guardando i nostri dati, i giovani bevono “altre bevande alcoliche”: il 35% del totale contro il 14% del totale.
    Chiudo con un paio di considerazioni ulteriori altrettanto interessanti: in USA sono più le donne che gli uomini a bere vino (28% contro 38%), mentre dal punto di vista della provenienza, soltanto gli ispanici bevono meno vino (ma più altre bevande, presumibilmente birra).

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento novembre 2023

    La stabilizzazione del mercato americano (e canadese) negli ultimi due mesi sta dando un po’ di respiro alle esportazioni italiane di vino in questa fase finale dell’anno, aiutata anche dalla stagionalità particolarmente favorevole degli spumanti. Sebbene i trend siano volatili e di difficile lettura per il futuro potremmo a questo punto dire che il 2023 si chiuderà con un leggerissimo calo, intorno all’1%. Niente in confronto a quello che commenteremo nelle prossime settimane per il Cile (esportazioni -22%) oppure per il Sud Africa (-13%) e probabilmente leggermente meglio della Francia (che dovrebbe essere scesa intorno al 5%), anche se va detto che i francesi hanno fatto molto meglio di noi in uscita dal Covid e, nel 2023, nei principali mercati. Ad ogni modo, tornando ai nostri dati, resta importante il contributo del Prosecco, che si avvia a chiudere il 2023 con un +5% e circa 1.6-1.7 miliardi di esportazioni su un totale di circa 7.8 miliardi a cui chiuderemo l’anno. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Novembre è l’ultimo mese “importante” dell’anno per le esportazioni di vino. Il mese ha chiuso a +1%, montando sopra un Novembre 2022 che era cresciuto del 5%, per un totale di 755 milioni di euro. Nello specifico, gli spumanti sono stati stabili (più Prosecco e meno altri, inclusi DOP), i fini fermi sono cresciuti del 2% e i vini sfusi sono calati del 7%.
    Il ritmo da inizio anno è -1.1% per 7.2 miliardi, se chiudiamo con un dicembre stabile sull’anno scorso finiamo a 7.8 miliardi circa con un calo dello 0.9%, fatto di un -2.5% per i vini fermi (ma con un finale in miglioramento), un +2.5% per gli spumanti e un +1% per gli sfusi.
    Anche i dati sui mercati sono ormai vicini a essere fissati. Come vedete dal grafico, la “gambetta” all’insù degli USA e del Canada è ovviamente il principale fattore che spiega il miglior andamento di ottobre e novembre. Detto questo gli USA chiuderanno a -5/6%, la Germania intorno a +2%, il Regno Unito a +4/5%, la Svizzera intorno a -2%, il Canada a -10%, la Francia a +10%, Olanda e Belgio tra il +2% e la parità.
    Il segmento degli spumanti vede curiosamente gli USA chiudere un po’ peggio del totale (quindi con i vini fermi a scendere di meno), intorno a -6/7%, compensati da un andamento migliore in Germania (intorno a +5%) e soprattutto con la Francia che dovrebbe chiudere un altro anno a oltre +20%, insieme ad alcuni mercati dell’Est Europa come Polonia e Lettonia che stanno diventando sempre più pesanti (la Lettonia la conosciamo bene sul blog quando discutiamo di Asti Spumante).
    Appuntamento al 17 e 19 marzo per l’aggiornamento annuale!

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