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    Cile – produzione di vino 2022

    Post prenatalizio sulla produzione di vino in Cile del 2022. Sarò breve. Dunque l’annata 2022 è stata piuttosto buona a 12.4 milioni di ettolitri, con un calo del 5% sul 2021 ma comunque un +6% rispetto alla media storica. Il problema diventerà il 2023, quando le indicazioni preliminari sono di una vendemmia di 10.0 milioni di ettolitri, quindi -20% sul dato 2022 che commentiamo oggi in dettaglio e il 12% sotto la media decennale. Fatto questo cappello e andando nel dettaglio, il Cile rimane un paese con forte prevalenza di produzione di vini rossi (69%, e pochi segnali che le cose stiano cambiando), fortemente legato a categorie estremamente competitive, sia nei vini rossi con il Cabernet Sauvignon (33% della produzione totale) e Merlot (12%), che nei vini bianchi con il Sauvignon Blanc (14%) e Chardonnay (10%). Visto anche l’andamento molto negativo delle esportazioni di vino in volume dei primi 6 mesi 2023 (-25% a 3.2 milioni di ettolitri) non è forse una così cattiva notizia che i volumi di produzione siano calati durante il 2023. Passiamo a un breve commento dei numeri, corredato da ulteriori grafici e tabelle.

    La produzione 2022 di 12.4 milioni di ettolitri è suddivisa in 10.3 milioni di ettolitri di vini DOC, 1.9 milioni di vini non DOC e 0.2 milioni di vini da tavola, con una penetrazione della categoria DOC dell’83%.
    L’andamento è del 6-7% superiore alla media decennale del Cile, rispettivamente di 9.8 milioni di ettolitri per i DOC e 11.6 milioni di ettolitri per il totale.
    Se restringiamo il confronto sulla categoria dei DOC, la produzione dei vini rossi è di 7.1 milioni di ettolitri, quella dei vini bianchi di 3.2 milioni di ettolitri, entrambe le categorie circa il 6% sopra la media storica e rispettivamente il 4% e l’8% sotto il dato del 2021.
    Passando ai vitigni, la maggior produzione resta quella di Cabernet Sauvignon, 3.4 milioni di ettolitri e il 7% sopra la media storica, mentre gli 1.4 milioni di ettolitri del Sauvignon Blanc sono solo il 2% sopra media e calano del 3% sul 2021. Il terzo prodotto in termini di peso è il Merlot, 1.2 milioni di ettolitri e il 3% sopra la media storica, mentre arriva a 1 milione di ettolitri la produzione di Chardonnay, in forte sviluppo in Cile, +18% sopra il dato medio decennale di circa 0.9 milioni di ettolitri.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Il commercio mondiale di vini sfusi – aggiornamento 2022

    Il grafico qui sopra credo fornisca un quadro piuttosto chiaro dell’evoluzione del mercato mondiale dei vini sfusi, almeno dal punto di vista dei volumi: declino strutturale. Le ragioni possono essere diverse. La più evidente è forse quella della qualità, meno vino ma più buono, e questo va in bottiglia. Però la spiegazione non può fermarsi qui. Per esempio, la Nuova Zelanda esporta vino sfuso a un prezzo molto più alto della media, il che significa che lo spediscono per l’imbottigliamento locale vino sfuso. Penso che questo sia possibile grazie alla scala rilevante (tanti volumi) delle operazioni delle aziende locali, oltre che dalla mancanza di regole (sempre locali) che obblighino all’imbottigliamento locale del prodotto. I numeri del 2022 di UN Comtrade danno un valore esportato di 2.66 miliardi di euro, +6% sul 2021 ma molto meno dei 3 miliardi e più degli anni pre-Covid e un volume scambiato di 35 milioni di ettolitri, -6%, in calo da ormai qualche anno. La Spagna domina, la Nuova Zelanda cresce, l’Italia recupera nel 2022 ma resta ben sotto i livelli del passato. Passiamo a un breve commento dei principali dati.

    Con una quota di mercato del 20% del valore scambiato e del 33% del volume totale, la Spagna domina il trade mondiale di vini sfusi. Nel 2022 sono stati esportati 11.5 milioni di ettolitri per un valore di 534 milioni di euro (+11%, ma -2% annuo su 5 anni). Il prezzo medio risultante 46 euro a ettolitro contro la media di 76 vi può dare l’idea del “tipo” di leadership della Spagna, basato sull’esportazione massiccia di volumi di prodotto di qualità medio bassa.
    La Nuova Zelanda invece sta in questo post “per sbaglio”, nel senso che esportando a una media di 283 euro per ettolitro, ovviamente non sta vendendo prodotto da usare per produrre altri vini, ma sta semplicemente (immaginiamo) spedendo cisterne di vino nei mercati di destinazione per l’imbottigliamento in loco. Con 341 milioni di euro è la seconda nazione in questo segmento, con una quota di mercato del 13% e un incremento del 19% (+8% annuo dal 2017).
    L’Italia torna a essere il terzo player, con 304 milioni di vendite e 3.74 milioni di ettolitri di esportazione, al pari dell’Australia in volume che lo scorso anno l’aveva superata. I dati sono migliori del 2021 (+13% a valore) ma si inseriscono in un trend discendente (-5% annuo su 5 anni).
    Gli altri esportatori di vino sfuso sono l’Australia, con 303 milioni, ossia uguale all’Italia, il Cile con 286 milioni di euro e la Francia, più distante, con 186 milioni di euro. Nessuno di questi esportatori ha una variazione positiva sul quinquennio.

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    Concha y Toro – risultati primo semestre 2023

    La combinazione del mercato americano in rallentamento e dell’aumento dei costi delle materie prime e dell’inflazione in generale ha avuto un impatto eccezionalmente negativo sui dati di Concha y Toro del primo semestre 2023, anche perché gli investimenti in marketing non si sono fermati. Le vendite sono scese del 9% a 365 miliardi di peso ma sono soprattutto gli utili ad avere sofferto, tornati a un livello tanto basso che non si vedeva da 10 anni a questa parte. Un numero su tutti: l’utile netto è passato da 41 miliardi dello scorso anno a 9.5 miliardi dei primi 6 mesi 2023. A soffrirne è poi la struttura finanziaria, con il debito che risale a 3.6 volte l’EBITDA da 2.4 di fine 2022. C’era da prevederlo, anche perché un andamento simile (anche se meno negativo) si era già visto nel secondo semestre 2022, quando l’utile netto era calato del 25% circa. L’azienda ha continuato a investire e nei suoi commenti scrive che si attende una “significativa accelerazione” nelle vendite durante il secondo semestre, supportata dagli investimenti nel marchio e nella capacità distributiva, che non sono mai stati tagliati. E proprio questa dichiarazione ha aiutato le azioni in borsa, salite di oltre il 10% nei giorni dell’annuncio. Il 26-08, data in cui scrivo, il valore in borsa di Concha y Toro è di circa 900 milioni di euro. Passiamo a qualche numero.

    Le vendite semestrali di 365 miliardi sono calate del 9%, soprattutto a causa del -17% nel mercato americano (53 miliardi) ma anche della debolezza delle esportazioni (-9.4% a 240 miliardi), mentre le vendite in Cile sono rimaste stabili.
    I margini hanno sofferto molto, come vedete dai grafici. A livello industriale il gross margin è sceso dal 39% al 36%, e il gap si è allargato in modo ancora più evidente sotto, a livello operativo, visto l’impatto dei costi fissi (ammortamenti, spese generali – queste ultime in crescita del 5% con il costo del personale a +9%) e degli investimenti in marketing (+10% nonostante il calo delle vendite). L’utile operativo scende da 49 a 19 miliardi, per un margine che passa dal 12% al 5% del fatturato. Come abbiamo già commentato sopra l’utile netto scende ancora di più colpito anche dai maggiori oneri finanziari sul maggiore debito e con tassi di interesse più elevati.
    A livello finanziario assistiamo a un incremento del debito sia a livello assoluto (da 322 a 375 miliardi di peso) che relativo (da 2.4 a 3.6 volte le vendite).

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    Il valore della produzione di vino nel mondo – stima INDV 2022

    È il momento di rinnovare l’analisi sul valore del prodotto vino per paese, lavoro che portiamo avanti da anni combinando il volume prodotto con i prezzi medi di esportazione. L’approccio è tanto originale quanto imperfetto, nella misura in cui non è detto che il prezzo medio del vino esportato sia uguale al prezzo medio del vino prodotto. È decisamente più vero per i grandi paesi esportatori, lo è di meno per quelli che si bevono la maggior parte di quello che producono (per intenderci, gli americani). Comunque, per smussare i picchi, moltiplichiamo i dati di produzione per la media degli ultimi 3 anni del prezzo di esportazione. Il 2022 è stato un grande anno da un punto di vista dell’incremento dei prezzi e un anno medio per quanto riguarda i volumi prodotti. La colonna del 2022 dice 88 miliardi di euro, un valore comparabile con il precedente picco toccato nel 2018. Chi vince? Beh decisamente la Francia, capace di un balzo del 16% del prezzo delle sue esportazioni di vino a 882 euro per ettolitro, 2.5 volte il prezzo italiano e con un livello di produzione 2022 tornato sopra la media decennale (dopo il disastro del 2021). Passiamo a un commento più specifico.

    Incrociando prezzi medi di esportazione (UN Comtrade principalmente) e volumi prodotti (OIV) arriviamo a stimare un valore del mercato del vino mondiale a 88 miliardi di euro, +11% sul 2021 e +15% sulla media decennale.
    L’accelerazione maggiore viene “dalla cima” e dalla Francia in particolare, che beneficia del forte incremento del prezzo medio dell’export e della ottima vendemmia, toccando una valore stimato di quasi 35 miliardi di euro, il 28% sopra la media storica.
    Il dato italiano è buono ma non sul medesimo livello, visto che la dinamica dei prezzi è più moderata (+11%). Secondo il nostro calcolo il valore (usando la media dei prezzi di export del triennio) è intorno a 16 miliardi di euro.
    La forbice di maggiori prezzi ma meno produzione ha determinato un incremento più moderato del mercato americano, stimato a 9 miliardi di euro e di quello spagnolo, poco sopra i 5 miliardi di euro.
    Sebbene si parta da numeri molto limitati in volume produttivo, è la Nuova Zelanda a mostrare i maggiori progressi tra gli altri paesi. In una ideale classifica, il valore del suo prodotto è stato leggermente superiore a quello del Sud Africa (che produce più del doppio in volume).
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici.

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    Concha y Toro – risultati 2022

    I danni dell’inflazione sui costi si sono fatti sentire in modo ancora più marcato nei risultati del secondo semestre di Concha y Toro, portando gli utili indietro di qualche anno nonostante l’aumento delle vendite e costringendo il management a “ritirare” in qualche modo gli obiettivi di profitti e margini sul fatturato a suo tempo comunicati al mercato. Il produttore che ha fatto del Casillero del Diablo il suo cavallo di battaglia per aggredire la fascia alta del mercato ha chiuso il 2022 con un fatturato record di 871 miliardi di peso (960 milioni di euro circa), +4% nonostante un calo dei volumi del 10% circa, ma ha largamente mancato l’obiettivo di 140 miliardi di utile operativo, chiudendo a 104. Il margine è dunque sceso di 4 punti percentuali rispetto al 2021, dal 19% al 15% circa, di cui 1 punti perso sul margine industriale (stabile in valore assoluto) e invece ben 3 punti sui costi operativi. Come dicono giustamente nei “closing remarks”, la strategia 2018-22 di “premiumizzazione” ha funzionato ma adesso è ora di rimettere l’azienda su un percorso di crescita per ritrovare leva operativa. Oltretutto, il rallentamento dei volumi ha riempito il magazzino, portando il debito a 322 miliardi di peso, con una leva salita a 2.4 volte l’EBITDA, il livello più alto dal 2019 a questa parte. L’azione in borsa ha pagato pegno: le azioni sono scese pesantemente, riportando l’azione ben sotto i livelli pre-Covid. Bene, anzi male. Passiamo a un’analisi più dettagliata dei conti, per intanto.

    Le vendite crescono del 4% a 871 miliardi di peso, sostenute soprattutto dalle esportazioni dal Cile (581 miliardi contro 553), mentre le vendite nel mercato locale sono stabili (96) e quelle locali in USA (crescono marginalmente a 130 miliardi). Per i 4 principali mercati di esportazioni, gli USA sono a +3%, il Brasile è stabile, il Regno Unito cala del 3%. La strategia premium tiene, con la parte ultrapremium a +33% e la Superpremium a +10%.
    Come abbiamo detto i volumi calano del 10-11%, mentre la differenza al +4% la fanno gli incrementi dei prezzi e l’effetto favorevole del cambio (svalutazione del peso cileno).
    I margini li abbiamo già analizzati sopra: l’impatto è soprattutto dovuto all’effetto dell’inflazione sui costi operativi e della forte svalutazione del peso cileno che ha gonfiato i costi in dollari americani.
    Il debito ritorna a 322 miliardi di peso e la leva a 2.4 volte, dopo due anni intorno a 1.5.
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici del post.

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    Il valore della produzione di vino nel mondo – stima INDV 2020

    Fonte: inumeridelvino.it su dati UN Comtrade e OIV
    Ripropongo l’analisi del valore della produzione mondiale di vino che costruisco utilizzando i dati di produzione mondiale di vino di OIV e ISTAT e i prezzi medi di export del vino (su una media mobile triennale) dei dati doganali. Nel 2020 i due componenti del valore economico sono stati rispettivamente stabile (produzione) e in calo del 5% (prezzo medio di export). Siccome però usiamo una media mobile triennale per smussare la volatilità dei prezzi, questo “teorico” calo del 5% del valore della produzione non si percepisce, essendo compensato dall’incremento degli anni precedenti. Ad ogni modo, il dato finale è di un valore della produzione mondiale di vino calcolato ai prezzi di export di circa 82 miliardi di euro, contro 81 del 2019 e il record di 87 (secondo la nostra metologia di calcolo) del 2018, quando si verificò una vendemmia particolarmente favorevole. La Francia resta chiaramente il leader con una quota del mercato mondiale tra il 35% e il 40% (38% nel 2020), mentre l’Italia vale poco meno del 20% del mercato mondiale, per un valore della produzione di circa 15 miliardi di euro. Passiamo ad analizzare anche i dati delle altre nazioni.

    Se entriamo nel dettaglio dell’andamento dei prezzi, il dato puntuale del 2020 gioca a sfavore di tre nazioni incluse nell’analisi: Argentina (-29%), Germania (-20%) e USA (-12%). Se portato sulla media triennale, i paesi impattati sono Argentina e USA. Ricordiamo peraltro per gli Stati Uniti il dato di prezzo all’export è meno rilevante che per altri paesi vista la scarsa rilevanza delle esportazioni rispetto alla produzione nazionale.
    Ad ogni modo, guardando il risultato finale l’Italia esce bene da questa analisi dietro la Francia (31 miliardi di euro), forse più per le buone vendemmie degli ultimi anni che non per i prezzi, che ristagnano intorno a 300 euro per ettolitro dal 2018 a questa parte. Gli USA si confermano la terza forza mondiale nel vino con un valore di circa 8 miliardi di euro (che di nuovo, sottostima il valore reale) e poi viene la Spagna con 5.3 miliardi.
    Dietro questi quattro paesi c’è un salto rilevante, con un gruppo di paesi con 2-3 miliardi di euro di valore della produzione, con l’Argentina (in regresso), l’Australia (in regresso), la Germania (stabile) e il Cile (anch’esso con dati calanti).
    Diciamo che tra i paesi del nuovo mondo soltanto il Sud Africa sembra aver recuperato posizioni, grazie al progresso registrato nel prezzo medio di export. Sono invece meno positivi di quanto lo siano in termini di export in valuta locale i dati della Nuova Zelanda, la cui produzione annua ha un valore di poco più di un miliardo di euro.

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    Concha y Toro – risultati 2020

    Fonte: bilanci e comunicati stampa aziendali
    Concha y Toro ha fatto grandi passi in avanti nel 2020 nonostante il problema COVID. Il piano di rilancio, con la focalizzazione su alcuni marchi e aree geografiche ha dato i suoi frutti. I volumi sono ritornati al livello del 2017 (circa 37 milioni di casse da 9 litri) e il mix migliora con il peso dei marchi/aree chiave che passa dal 35% al 45% del fatturato (dal 22% al 30% dei volumi). Ne risulta una crescita del fatturato del 17% nell’anno (+18% nel secondo semestre), su un valore che tradotto in euro è di 900 milioni. L’obiettivo al 2022 è di raddoppiare l’utile operativo (da loro espresso in dollari) da 70 miliardi a 140 miliardi di peso, con un fatturato di 854 miliardi di peso. Vediamo se ce la faranno, ma dato che nel 2020 sono arrivati a 120 miliardi di peso, già adesso non sono tanto distanti. Il titolo in borsa ha intanto recuperato completamente il crollo dovuto al COVID e vale in borsa circa 1.2 miliardi di euro. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Le vendite crescono del 17% a 769 milioni di peso, con un forte incremento della componente export (+18%) e delle vendite collaterali, mentre il business in Cile cresce del 10%.
    Il marchio Casillero del Diablo progredisce in tutti i mercati chiave e raggiunge da solo 6.6 milioni di casse, +19% nel 2020 e +9% medio dal 2017 quando il piano è partito. Trivento, secondo marchio in “focus”, passa da 1 milione a 1.5 milioni di casse nel 2020, +57%. Bicicleta, terzo marchio chiave, da 1.4 a 1.7 milioni di casse, +19% nel 2020.
    I margini sono in forte miglioramento, come già avevamo visto in occasione dei risultati semestrali. A livello “industriale” CYT è riuscita a portare il margine al 40% dal 36.7% del 2019 e dal minimo del 33% circa toccato nel 2018. A questo si è aggiunto il contenimento delle spese commerciali e generali, che sono cresciute meno delle vendite, passando dal 24.8% al 24.1% del fatturato. Il risultato è che a fronte delle vendite in crescita del 17%, l’utile operativo passa da 77 miliardi di peso a 120 miliardi, per un margine che dall’11.7% sale al 15.6%. L’utile netto sale da 52 a 78 milioni di peso, +48%, per un margine sul fatturato che tocca un livello di eccellenza assoluta, al 10%.
    La parte finanziaria migliora anch’essa: il debito cala da 287 a 215 miliardi di peso, per un rapporto sull’EBITDA che scende da 2.7 a 1.4 volte.

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