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    Il valore dei vigneti in Italia per denominazione – dati CREA, aggiornamento 2022

    Un anno fa di questi tempi ci domandavamo se la crescita dei prezzi dei vigneti nel 2022 fosse stata in grado di compensare la fiammata inflazionistica (8%). Il post di oggi è il primo dei due che affrontano questo tema (per il secondo i dati non sono ancora pubblicati) e offre una visione sui prezzi (minimi e massimi) di circa 70 denominazioni/aree vinicole italiane. Molti di questi prezzi che trovate nel post (e nella sezione Solonumeri, con i dati annuale che arrivano indietro fino al 2000) non sono cambiati, ma altri per esempio in Friuli Venezia Giulia, Valtellina o nelle Langhe hanno subito un sostanzioso aggiornamento (per spiegarci: molti di questi valori restano uguali per anni e poi vengono aggiornati “tutto in un compo”). Ad ogni modo, la media di questi aggiornamenti dice 4% circa, ossia la metà del tasso di inflazione. Qualche segno lo avevamo già visto nel 2021, quando all’inflazione del 2% corrispondeva un incremento del valore dei vigneti dell’1.6% medio. Comunque, tutto dentro, in media avendo acquistato un vigneto a 100 nel 2000 il suo valore a fine 2022 sarebbe di circa 170.
    I vigneti più costosi nel loro prezzo massimo si confermano quelli delle Langhe, dove ora viene esposto un valore di 2 milioni a ettaro (era 1.5 milioni fino al 2021), poi viene Montalcino (0.9 milioni), Lago di Caldaro (0.9 milioni), Bolgheri (0.7 milioni), Valdobbiadene (0.6 milioni) e via tutti gli altri. Giusto per chiarire: la zona della Valpolicella/Verona non sono censite in questo rapporto. Continuiamo l’analisi nel resto del post.

    L’incremento di cui dicevamo sopra del 3.8% deriva dall’aggiornamento in positivo di circa 25 zone vinicole.
    Tra queste, gli incrementi più importanti sono relativi ai vigneti DOC nelle colline del Taburno (+50%), a quelli di Barolo DOCG (+32%), Bolgheri (+31%), Montalcino (+21%), Gattinara DOCG (+19%), Valtellina (+17%), Colli Orientali del Friuli e Pordenone (+15%), dei vigneti DOCG del Chianti Classico (+11%) e della collina piacentina (+11%).
    Nel loro punto medio sono stati invece rivisti leggermente al ribasso i vigneti dei vini da tavola (a tendone) a Caltanisssetta (-1%), i vigneti DOC nelle colline di Montefalco (-2%), quelli da tavola irrigui nella pianura di Monopoli (-4%) e quelli DOC nelle colline del Calore (-5%, annotazione: si tratta di una zona nel Beneventano).
    Vi lascio alla consultazione delle tabelle finali!

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento ottobre 2023

    Oggi tutti numeri, per capire bene le esportazioni di ottobre. Come avrete già letto da altre parti è stato un buon mese, anzi ottimo, viste le premesse e visto l’andamento dei mesi scorsi. L’incremento dell’8% di ottobre, un mese pesante per gli spumanti (+14%) aiuta a raddrizzare un po’ il tiro sul fine anno: a fine mese, da inizio anno siamo giù dell’1.3% a valore e dello 0.6% a volume e se novembre e dicembre fossero stabili chiuderemmo a -0.5% (valore) e -1% (volume) il 2024. Ora, dopo diversi mesi con il segno meno viene da domandarsi se questo incremento sia una compensazione dei mesi passati, in cui magari i distributori hanno scaricato i magazzini. Sta di fatto che i nostri tre principali mercati, USA Germania e Regno Unito sono rimbalzati del 15-20%. Se questo trend si colloca in un andamento leggermente positivo per gli ultimi due paesi, il rimbalzo del mercato americano arriva come una boccata d’ossigeno dopo mesi difficili. Ho dato un occhio alle esportazioni francesi e sono a -1.9% su gennaio-novembre (quindi un mese avanti a noi, contro il nostro -1.3%), contro -1.7% registrato nei primi 9 mesi, il che significherebbe che stiamo andando leggermente meglio. Gli spagnoli a ottobre hanno fatto circa +4% e da inizio anno sono a -2.5%. Quindi anche per loro ottobre è stato un buon mese. Giusto per dare qualche parametro di riferimento… se vi interessano i dati ulteriori tabelle e commenti nel resto del post.

    Con 784 milioni e +7.7% le esportazioni italiane di vino chiudono i primi 10 mesi a 6439 milioni e -1.3% sul 2022.
    Come dicevamo, il rimbalzo viene soprattutto dagli spumanti che crescono in un mese chiave del 14% a 250 milioni e portano il saldo da inizio anno a +3% (1.82 miliardi), ma è stato anche un buon mese per i vini fermi in bottiglia, +5% a quasi 500 milioni, riducendo il calo da inizio anno a -3.3%, 4.23 miliardi di euro.
    Se fossimo stabili in novembre e dicembre (non è scontato visto quello che dice ISTAT a novembre…) chiuderemmo l’anno praticamente stabili, con gli spumanti a +4% e i vini fermi in bottiglia a -3%.
    Oltre che agli spumanti, il taglio geografico mostra come la maggior parte del rimbalzo viene dai 3 principali mercati. Gli USA potrebbero quindi chiudere a -5% con dati stabili di qui a fine anno, Germania e Regno Unito intorno a +3%, poi la Svizzera quasi stabile. Per il mercato Canadese sarà difficile recuperare, essendo un mercato non di spumanti e partendo da -14% sui 9 mesi, ma era sceso anche alla fine dell’anno scorso.
    Scendono (lasciatemi dire, “finalmente”) le esportazioni in Russia.
    Per gli spumanti, a chiudere il post, Prosecco e Asti hanno buoni dati a ottobre, il che portano i 10 mesi intorno a +5%, mentre sono in calo del 6% le esportazioni sui 10 mesi degli altri DOP, che non mostrano segnali di recupero nemmeno nel mese di ottobre.

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    Conegliano Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore – vendite e esportazioni 2022

    Il rapporto annuale sull’andamento del Prosecco Superiore è stato puntualmente pubblicato dal Consorzio di tutela Conegliano Valdobbiadene DOCG con i dati relativi al 2022. Il quadro che ci viene presentato è di una produzione in leggero calo a 104 milioni di bottiglie e di un valore della produzione in leggera crescita, +2% a 634 milioni di euro, sostenuto soprattutto dalle vendite all’estero (+7%), mentre l’andamento commerciale nel mercato domestico è stato stabile (e leggermente negativo in termini di volume). Stupiscono i dati relativi ai canali di vendita, con internet che si dimezza rispetto all’anno precedente, mentre facendo attenzione alla data di riferimento (2022 e non 2023) sono positivi gli andamenti nei principali mercati di esportazione, salvo la Scandinavia, Australia e Nuova Zelanda, Russia, Francia e Benelux. Il Prosecco Superiore resta anche nel 2022 un prodotto a “maggioranza italiana” in termini di vendite, con il 58% del valore ma con una sempre maggiore diversificazione geografica. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    La produzione di Conegliano Valdobbiadene DOCG è calata dell’1% a 103.5 milioni di bottiglie nel 2022, per un valore della produzione di 634 milioni di euro.
    Il mercato italiano ha assorbito 57 milioni di bottiglie, il 3% in meno del 2021, per un valore di 365 milioni di euro, essenzialmente stabile rispetto al 2021. In termini di canali di distribuzione cala la GDO e crescono i grossisti/distributori, con le Enoteche e ristorazione leggermente negativi in volume ma positivi in valore. Come dicevamo, molto male l’ecommerce che ha riassorbito la sbornia del Covid.
    Le vendite all’estero sono state invece in crescita del 3% a volume a 43 milioni di bottiglie e del 7% a valore a 241 milioni di euro. Il principale mercato a volume resta il Regno Unito che nel 2022 ha assorbito poco più di 10 milioni di bottiglie per un valore di 56 milioni di euro, +7% e +11% rispettivamente. Il secondo mercato è la Germania con 8 milioni di bottiglie e 51 milioni di euro, con un andamento anch’esso positivo intorno al +6/7%. Il terzo mercato di riferimento è quello svizzero che ha toccato 6.3 milioni di bottiglie per un valore di 33 milioni di euro. Il mercato americano è ancora relativamente poco sviluppato, con un volume di 3 milioni di bottiglie (per intenderci, la metà della Svizzera e un po’ meno dell’Austria) e un valore di 17 milioni di euro, anche se i tassi di crescita del 20-30% erano stati nel 2022 promettenti. Bisogna vedere che cosa è successo nel 2023.
    Vi lascio alla consultazione delle tabelle e dei grafici.

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    L’impronta ambientale dell’attività vinicola, ovvero quante pesa la tua bottiglia? – indagine Rabobank

    Il titolo dell’ultimo rapporto trimestrale di Rabobank sul settore del vino  vale più di mille spiegazioni: “La più grande sfida di sostenibilità del vino è anche la più facile da implementare”. Qual è? Il peso della bottiglia. Tema che mi sta a cuore da tempo e che finalmente posso affrontare con i numeri. Infatti, il rapporto mette in luce come a detta degli operatori l’involucro più sostenibile è il vetro (60% dei rispondenti del sondaggio), poi mette anche in luce come il “packaging” rappresenti il 25% delle emissioni della catena produttiva e distributiva (questa è un’analisi, non un sondaggio) e infine fa vedere che sebbene molte aziende abbiano cominciato a pensare di ridurre il peso delle bottiglie, poche l’abbiano davvero fatto e anche chi l’ha fatto potrebbe fare molto di più. La produzione della bottiglia “leggera” (parliamo 420 grammi) genera meno emissioni ed è anche meno costosa: una combinazione molto difficile da trovare nell’ambito della sostenibilità. Ma, attenzione: passare da 600g per bottiglia a 400g funziona, ma scendere ulteriormente può diventare costoso perché la produzione diventa difficile e gli scarti (delle bottiglie “venute male” aumentano). E, infine, per gli esperti di marketing… la bottiglia diventa più “stupida”, fondo piatto, bottiglie più panciolute, insomma un dilemma quando si arriva allo scaffale. Diciamo cose nuove? Ma no, Banfi lavora a questa innovazione da oltre 10 anni (link). Ma altri ben più piccoli hanno abbracciato il concetto (link, giusto per citarne uno). D’altronde a noi interessa il liquido. Quindi, caro produttore, quanto pesa la tua bottiglia? E, soprattutto, cosa stai aspettando?
    Passiamo ad analizzare insieme qualche dato del rapporto.

    Secondo il rapporto, il 76% circa del vino venduto in USA è confezionato in bottiglie di vetro, il 17% in bag-in-box e la parte rimanente tra alluminio, PET e Tetra Pak.
    Il sondaggio fatto su 200 professionisti del settore del vino in USA ha fornito una visione molto chiara sul concetto di sostenibilità nel packaging: il 60% ritiene che sia il vetro la miglior soluzione, contro soltanto il 18% che punta sull’alluminio, il 14% sul bag-in-box e il 9% del Tetra Pak.
    L’analisi dell’impronta carbonica del vino è nel grafico a torta, dove si vede chiaramente la predominanza dell’imballaggio, 20% del totale oltre a un altro 5% che deriva dall’imballaggio secondario.
    Il grafico probabilmente più interessante è quello del sondaggio dove viene chiesto alle aziende americane se hanno adottato politiche di “lightweighting” delle loro bottiglie. Le risposte sono suddivise per peso della bottiglia e come vedete la parte verde chiaro che indica quelli che lo fanno non hanno ancora raggiunto un peso medio coerente con quelle che sono le possibilità offerte dalla tecnologia (ossia una bottiglia sui 400 grammi).
    Infine un’ultima indagine sull’impronta carbonica delle aziende vinicole tedesche ha indicato come maggior fattore discriminatorio tra chi emette molto e chi meno il peso della bottiglia.

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    Esportazioni spumanti Italia – aggiornamento settembre 2023

    Dopo il post sulle esportazioni totali pubblichiamo oggi in questo post pre natalizio i dati dello spumante, che come avete forse letto sono calati del 5% in termini di export in settembre (-10% in volume). Mah, io tenderei a non essere troppo preoccupato. È vero che da un lato settembre è il primo dei tre mesi importanti per il prodotto nell’arco dell’anno. Uno potrebbe dire che se l’attacco di stagione è debole le cose andranno male. Ed è anche vero che i dati del Prosecco, vero traino della categoria vanno nella stessa direzione. È anche vero però che analizzando i dati in profondità ci si accorge che il calo è tutto legato al mercato USA. Se noi prendiamo i 200 milioni di export del mese, -5.4%, e gli togliamo i 37 degli USA, -29%, arriviamo a 162 milioni. Facendo lo stesso per l’anno scorso siamo a 158 milioni, quindi saremmo a +2%. Ovviamente non un dato eccezionale ma certamente molto più guardabile. E il dato sui 9 mesi, ora stampato a +1.6% (1574 milioni), sarebbe un molto più digeribile +6% se si togliesse il -11% del mercato americano. Quello che io non so dirvi, non essendo all’interno del settore, è se la correzione del mercato americano è il prologo di quello che succederà in altre geografie (su molte cose loro sono un po’ più davanti a noi), oppure se un problema di normalizzazione delle scorte dopo un periodo di super-crescita e scarsità del prodotto (così dicono altri esperti nel settore degli spiriti come il CEO di Campari). Bene, passiamo a un breve commento dei dati.

    Le esportazioni di spumante nei primi 9 mesi dell’anno sono ancora in crescita lieve, +1.6% a 1.57 miliardi di euro, pur assorbendo il secondo mese consecutivo negativo: a settembre infatti l’export è calato del 5.4% a 200 milioni di euro, dopo una prima avvisaglia di agosto a -1.5% ma anche di giugno a -3%. Ad ogni modo come dicevamo sopra, il peso specifico dei mesi è diverso e il segnale che dà alla stagione è diverso.
    Per categorie, nel mese il prosecco cala del 4%, ma resta positivo per il 3% nei 9 mesi a 1.18 miliardi di euro, l’Asti cresce del 5% nel mese e del 4% sui 9 mesi a 112 milioni (notare: meno di un decimo rispetto al Prosecco!), gli spumanti DOP calano del 16% nel mese e del 6.6% sull’anno a 72 milioni di euro, confermando che si tratta ancora di un fenomeno nazionale, fatta eccezione per pochi marchi.
    Dal punto di vista geografico come dicevamo sopra gli USA fanno la differenza. Tutti gli altri mercati nella “top10” salvo Russia (ma qui avevamo delle riserve sui dati in crescita del passato) e Svezia sono in netto territorio positivo nel mese di settembre e restano tutti positivi sui 9 mesi, chi più chi meno. Da notare che la Francia potrebbe superare la Germania nel 2023 per esportazioni di spumante!
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici del post.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento settembre 2023

    Viste le premesse, ossia l’andamento delle esportazioni francesi di vino negli ultimi mesi (grafico chiave qui, settembre -21%), il calo del 10% delle nostre esportazioni in settembre è per me quasi da sospiro di sollievo. Detto questo non ci si può certo rallegrare del sesto mese consecutivo negativo che sta portando il saldo annuo -2.4% e quello annuale a -1%, per 7.7 miliardi di euro, allontanandosi dunque dalla soglia degli 8 miliardi che dopo Pasqua cominciavamo a considerare fattibile. La debolezza delle esportazioni è nel segmento dei vini in bottiglia, più che negli spumanti che calando in settembre sono però ancora positivi sull’anno (+2%), leggermente più nel valore che nel volume visto l’esaurirsi delle pressioni inflazionistiche, e geograficamente hanno nel mercato nord americano il cuore del problema. Bene passiamo, a un’analisi dei dati con tutte le tabelle e i grafici allegati.

    Settembre è stato il peggior mese del 2023 per le esportazioni, con un calo del 9.7% a 654 milioni di euro, determinato da una riduzione del 6.4% del volume a 1.8 milioni di ettolitri. Con questi dati il saldo dei 9 mesi tocca 5.65 miliardi per un calo del 2.4%. Sugli ultimi 12 mesi, ossia considerando un dato stabile sugli ultimi 3 mesi saremmo a -0.9% per 7.73 miliardi di euro.

    I vini in bottiglia sono in calo dell’11% nel mese e del 4% nei primi 9 mesi a 418 e 3739 milioni di euro rispettivamente, gli spumanti calano del 5.4% a 200 milioni nel mese ma come dicevamo prima restano positivi sui 9 mesi all’1.6%, mentre i vini sfusi e il resto della categoria 2204 pur essendo residuali (36 milioni in settembre) calano del 14%.

    Le geografie principali si comportano in modo molto difforme. Gli Stati Uniti continuano a calare in modo importante, -19% nel mese e -9.5% nei nove mesi. Affiancherei subito il Canada che pur essendo grosso un terzo gli USA fa il suo -14% nel mese, paradossalmente un po’ meno peggio del -17% dei primi 9 mesi dell’anno. Queste due geografie prese insieme contano quasi il 30% del nostro export totale. Gli altri tre mercati importanti girano intorno alla stabilità: Germania -1% ma ancora +2% sull’anno, Regno Unito +1% e +3% per settembre e 9 mesi, Svizzera +3% ma -1.5% sui 9 mesi. Forse un dato da guardare con un po’ più di attenzione è quello francese, dove con -25% su settembre vediamo un dato moto difforme da quanto registrato fino ad ora.
    Degli spumanti ci occupiamo più distintamente nel prossimo post ma… se è negativo il totale è difficile che sia positivo il Prosecco visto il suo peso preponderante. Il -5.4% di settembre racchiude anche un -4% del Prosecco, forse il primo dato negativo di un certo significato dopo il -1% di gennaio (che però è un mese irrilevante per la categoria). Staremo a vedere.

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    Sul perché lo Champagne sarà sempre di più un vino da collezione

    L’ascesa dei prezzi dei vini pregiati è probabilmente arrivata a un punto di stabilizzazione dopo gli eccessi degli ultimi anni. È però vero che alcune zone vinicole mondiali continuano a crescere nelle cantine dei collezionisti di vino. Il caso dello Champagne, che oggi analizziamo più in dettaglio, è uno di questi. Pur essendo un vino spumante (perdonate il sostantivo al limite del volgare), Champagne è un po’ una categoria a sé stante come lo è, come posso dire, Moncler nei piumini o Rolex negli orologi. E il valore nel tempo dello Champagne è stato a lungo sottostimato, per una combinazione di stereotipi, per esempio che i vini spumanti vanno bevuti giovani perché le “bollicine” si perdono nel tempo. Se invece provate a lasciare vent’anni una bottiglia di ottimo Champagne in cantina posso dirvi che avrete una buona probabilità di bere un grande vino. Forse la sottostima deriva anche dal fatto che si tratta di un vino storicamente molto legato alla celebrazione di eventi (si ricorda l’enorme picco di vendite registrato per festeggiare la fine del millennio, che qualcuno aveva anche scambiato per la fine del mondo). Invece oggi il discorso si è ribaltato. Un grande aperitivo ha nello Champagne probabilmente la sua espressione più elevata e l’evoluzione del gusto (e della cucina) ha portato gradualmente a un consumo più diffuso all’interno dei pasti. L’articolo continua…

    Fu così che il numero degli Champagne nella classifica del Liv-Ex crebbe cresciuto gradualmente ma costantemente nel corso degli anni, tanto da contarne nove nella classifica dei “100” nel 2022. E di questi nove, ben tre, Dom Perignon, Louis Roederer e Krug sono addirittura classificati nei primi 10 posti lo scorso anno. Alcuni di questi come Salon, Dom Perignon o Roederer sono addirittura sempre stati nella classifica del Liv-Ex da quando la guardiamo (2011), con una posizione media di tutto rispetto, all’interno dei primi 50 in media nel periodo.
    E i prezzi, sono cresciuti di conseguenza, anche se come sta capitando per tutti i vini pregiati, l’andamento nel corso del 2023 è stato negativo. Nel caso degli Champagne, dopo aver moltiplicato per quasi 8 volte i prezzi dal 2003 a ottobre 2022, i prezzi sono scesi del 20% circa negli ultimi 12 mesi. L’incremento è sempre molto importante rispetto allo storico (circa 7 volte a fine ottobre 2023 rispetto a gennaio 2023) ma il calo è più marcato di altre categorie, come i vini di Borgogna (-16%), Bordeaux (-12%) o i grandi vini italiani (-6%).
    Viene quindi da domandarsi se è il momento di comprare. Alcuni segnali il mercati “adiacenti” come il mercato azionario ci sono: l’inflazione rallenta, le banche centrali sono meno propense a ulteriori rialzi dei tassi di interesse (anzi qualcuno inizia a speculare che tra qualche mese si comincerà a ribassarli) e il mercato azionario riprende fiato dopo un fine estate difficile. Il mercato dei grandi vini potrebbe a un certo punto beneficiarne. E nel caso dello Champagne dobbiamo sempre ricordarci che i cinesi non sono ancora arrivati, e quando arrivano loro di solito fanno piazza pulita.
    Quindi, difficile dire se stiamo ancora afferrando un coltello mentre cade (come si dice nel gergo borsistico), ma certamente la categoria dello Champagne è destinata a ricoprire un ruolo importante nel panorama dei grandi vini da collezione.

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    Germania – mercato e consumi di vino – aggiornamento 2022

    Oggi guardiamo un po’ I dati dei consumi di vino e bevande alcoliche in Germania, sfruttando I dati puntualmente pubblicati dal German Wine Institute. La considerazione che in Germania si bevono sempre meno bevande alcoliche è valida anche nel 2022, anche se il ritmo di decrescita sembra essere meno accentuato che in passato. L’Istituto calcola che il calo sia di circa 1 litro, da 121 a 120 litri, questa volta però interamente concentrato nel segmento del vino fermo, stimato in calo da 20.7 a 19.9 litri pro capite. Il calo (che moltiplicato gli 80 milioni e più di tedeschi non è poco i valore assoluto, circa 0.5 milioni di ettolitri) è equamente distribuito tra vini locali e vini importati, che contano rispettivamente 9 e 11 litri pro capite circa. È invece curiosa questa tendenza verso il consumo di vini locali bianchi, a cui però non corrisponde un andamento simile per il totale del mercato, che invece resta stabile nella quota di vini rossi, mentre i vini rosati sembrano prendere qualche punto percentuale ai vini bianchi. Come dire che i tedeschi bevono sempre meno vini bianchi esteri e sempre più vini bianchi locali, e viceversa per i vini rossi. Torna poi il grafico sui canali di distribuzione del vino, che allego alla fine senza particolari commenti da fare: il mercato è dominato dalla grande distribuzione e discount, 64% del totale, con una quota di vendite online dell’11% circa e il resto distribuito tra enoteche e vendita diretta. Per ulteriori dettagli, proseguite nella lettura.

    I consumi di vino in Germania sono calati da 20.7 a 19.9 litri pro capite secondo DWI, scendendo sotto la soglia dei 20 litri per la prima volta dal 2000. Sono invece stabili i consumi di vino spumante, 3.2 litri pro-capite.
    Ora se prendo i dati per come sono quest’anno e come erano l’anno scorso arrivo a un consumo di birra stabile, da 91.7 a 91.8 litri procapite. Però il documento di quest’anno mi propone una serie di dati passati sulla birra più bassi, talchè bisognerebbe dire che il 91.8 di quest’anno si confronta con 89.4… preferisco tenermi i dati che ho, sembrano più coerenti.
    Quindi in totale sono 23 litri di vino in totale a persona contro 24 dello scorso anno. Abbiamo la suddivisione per la quota dei vini fermi, che è 11.3 litri (da 11.8) per quello importato e 8.6 litri (da 8.9 per quello locale).
    Nel vino locale la le quote bianco/rose/rosso sono 59/11/30, con i bianchi al massimo storico e i rossi al minimo storico: chiaro trend. Per il mercato totale le quote sono 40/13/47, e qui la musica cambia: i bianchi addirittura calano leggermente, i rossi sono stabili e i vini rosati crescono.

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